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I risultati della ricerca del progetto IALS sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Nutrients
'The Effect of Verbal and Iconic Messages in the Promotion of High-Quality Mountain Cheese: A Non-Hypothetical BDM Approach' Il gruppo di lavoro multidisciplinare - composto da 18 ricercatori provenienti da tre Università statali italiane: Milano, Tuscia e Napoli - ha elaborato gli elementi raccolti durante il progetto ed evidenziato come l'adeguata remunerazione dei prodotti latteo-caserari di alta qualità sia fondamentale per la persistenza dell'allevamento di montagna.
La ricerca ha raccolto dati importanti riguardo le scelte dei consumatori e la loro disponibilità a un esborso economico maggiore per prodotti di una qualità riconoscibile e riconducibile al proprio ben-essere.
Alla presentazione di questi dati si affiancano proposte di strategie e azioni che riguardano più aspetti, tutti necessari per concretizzare il raggiungimento dell’obiettivo principale di potenziare la sostenibilità e la resilienza delle attività zootecniche in montagna. A cura di Ars.Uni.Vco

Allo studio le specie vegetali più appetibili per i bovini di razze rustiche, che potranno favorire il recupero di territori marginali invasi da alberi e arbusti trasformandoli in prati permanenti, fornendo una carne pregiata.

 

Nella 2021 i ricercatori di iGRAL hanno iniziato le attività per lo studio delle preferenze alimentari della razza bovina Highland, per verificare se la dieta degli animali di questa razza è uguale a quella di molti altri bovini oppure diversa.

Il progetto, lo ricordiamo, intende contribuire al processo di recupero e valorizzazione di territori marginali, ripristinando i prati permanenti attraverso sistemi di allevamento al pascolo di bovini da carne delle razze rustiche Highland e Sarda.

Ogni razza ha abitudini e preferenze distinte. In generale i bovini sono mediamente selettivi, e consumano principalmente specie erbacee. Alcune razze, come quelle studiate dal progetto, sono però conosciute per essere più rustiche e meno selettive, nutrendosi anche di foglie di alberi e arbusti o di specie tossiche. Questo tipo di dieta potrebbe essere un ottimo strumento per utilizzare e recuperare pascoli abbandonati invasi da arbusti, in linea con gli obiettivi del progetto iGRAL.

Per preferenze alimentari si intende la scelta da parte dell’animale di consumare selettivamente alcuni alimenti. I bovini al pascolo possono scegliere liberamente di che nutrirsi e le loro preferenze sono influenzate dalla disponibilità del foraggio, dalla presenza di piante particolarmente appetibili o al contrario poco attraenti (ad esempio quelle spinose o tossiche), dallo stato fisiologico dell’animale, dall’età e dalla razza. Una selezione costante del foraggio può influenzare nel tempo la composizione della vegetazione del pascolo, determinando la transizione verso una particolare tipologia vegetazionale (Pauler et al., 2020; Pauler et al. 2019).

Negli ultimi anni è aumentato l’allevamento sulle Alpi della razza bovina Highland, selezionata dall’uomo per adattarsi alle dure condizioni ambientali scozzesi, dove il clima è aspro e il foraggio è di bassa qualità. È una specie rustica, di gestione poco impegnativa e poco selettiva al pascolo (Pauler et al. 2020). Date le potenzialità di questa razza nel pascolare in ambienti marginali e degradati dell’arco alpino, c’è un grande interesse a capire quali sono le sue abitudini alimentari.

Ma quali specie vegetali preferisce? Quali rifiuta? Qual è il contributo delle specie arboree e arbustive nella sua dieta? A queste domande vuole rispondere il progetto iGRAL, che si svolge in tre siti piemontesi, uno ad Almese all’imbocco della Valle di Susa, e due a Casteldefino in Valle Varaita. Questi pascoli sono accumunati da una forte invasione di specie arbustive, come prugnolo, biancospino, rovi e rosa canina, e specie arboree, tra cui frassino, orniello, bagolaro, frangula e olmo.

I risultati preliminari mostrano un comportamento poco selettivo, con un consumo elevato di specie arboree e arbustive. Le latifoglie (frassini, pioppo, olmo, bagolaro) sono molto ricercate, tanto che i fusti vengono spesso piegati con l’utilizzo delle lunghe corna per poter raggiungere le foglie più alte. Interessante è poi la selezione frequente di specie spinose, come rosa e prugnolo, e tossiche, come il ligustro. I bovini Highlands includono nella loro dieta anche le ortiche.

La ricerca sul campo è in corso, ma i risultati preliminari sono promettenti e confermano l’adattabilità di questa razza ai contesti di abbandono e invasione arboreo-arbustiva, che necessitano di un’utilizzazione pastorale sostenibile per il loro recupero.

 

Rebecca Pagani, Ginevra Nota, Giampiero Lombardi, Università degli Studi di Torino

Pauler C. M., Isselstein J., Braunbeck T., Scheider M. K., 2019. Influence of Highland and production-oriented cattle breeds on pasture vegetation: A pairwise assessment across broad environmental gradients. Agriculture, Ecosystems and Environment, 284. DOI: 10.1016/j.agee.2019.106585

Pauler C. M., Isselstein J., Suter M., Berard J., Braunbeck T., Scheider M. K., 2020. Choosy grazers: Influence of plant traits on forage selection by three cattle breeds. Functional Ecology, 34. DOI: 10.1111/1365-2435.13542

Mercoledì 11 novembre 2020, grazie all’organizzazione dell’Associazione Ars.Uni.Vco, si è tenuto un webinar di presentazione dei primi risultati del progetto IALS ottenuti da 18 ricercatori provenienti dalle tre Università statali italiane di Milano,Tuscia e Napoli.

L’evento, moderato dalla prof.ssa Anna Gaviglio dell’Università degli Studi di Milano – Vespa e referente scientifica del progetto, ha avuto ben 120 partecipanti. I saluti di apertura e benvenuto sono stati riservati alla dott.ssa Valentina Cairo Project Manager di AGER- Agroalimentare E Ricerca, al dott. Gianmauro Mottini Presidente della Federazione Interregionale Piemonte e Valle d'Aosta dei Dottori Agronomi e Forestali e al dott. Alessandro Prina delegato dell’Istituto Agrario Fobelli di Crodo. 

La prof.ssa Gaviglio ha illustrato gli obiettivi di IALS, che si avvale di un gruppo di ricerca multidisciplinare per sostenere la filiera produttiva lattiero-casearia di montagna valorizzando le sue produzioni di alta qualità con la finalità di potenziare la sostenibilità e la resilienza delle attività agro-zootecniche. Si vuole determinare, tracciare e comunicare le caratteristiche dei diversi sistemi di allevamento basati su pascolo ed erba fresca sfalciata in termini di unicità dei prodotti latte e formaggio. La stima della disponibilità dei consumatori a pagare maggiormente un prodotto, sostenendo l'agricoltura montana attraverso il consumo di formaggi locali, contribuirà a migliorare la consapevolezza del consumatore sull’importanza di prodotti salubri con elevato valore nutraceutico e ad allineare la pianificazione delle politiche per la montagna alle richieste dei consumatori. (scarica la presentazione

I ricercatori hanno poi illustrato le attività dei diversi gruppi, che di seguito riportiamo insieme ad una sintesi dell'intervento con relativa presentazione.

 

Erba di montagna: una dieta ideale per le bovine da latte, di Donata Cattaneo – Università degli studi di Milano. Gruppo di ricerca: D. Cattaneo, G. Savoini, Università degli studi di Milano

L’alimentazione al pascolo basata sul consumo di erba fresca può comportare notevoli vantaggi sia in relazione al benessere degli animali che alle caratteristiche nutrizionali e funzionali dei prodotti. Pascolo ed erba fresca sono una fonte naturale di acidi grassi essenziali poli-insaturi, precursori di componenti lipidici del latte con elevato valore nutrizionale, come gli acidi grassi poli-insaturi n-3 e i CLA. Le diete a base di erba fresca di montagna possono quindi arricchire il latte di componenti bioattivi in modo naturale ed economico. I risultati presentati hanno confermato le differenze composizionali fra diete estive a base di erba fresca e diete invernali nelle due aziende di montagna coinvolte nel progetto IALS. (scarica la presentazione)

 

Il valore nutrizionale del latte e dei formaggi di montagna di Federica Bellagamba – Università degli studi di Milano. Gruppo di ricerca: F. Bellagamba, A. Lopez, T. Mentasti, Università degli studi di Milano

L’analisi degli acidi grassi nel formaggio ha fornito informazioni importanti riguardo il suo valore nutrizionale e la sua origine in modo da distinguere una produzione di formaggio estivo da una invernale o basata sulla pratica dell’alpeggio. La peculiarità che caratterizza la produzione estiva di formaggio è stata l’alimentazione a base di erba fresca: di sfalcio fresco studiata in un'azienda e di solo pascolo studiata in un'altra azienda. Si sono viste differenze significative del contenuto degli acidi grassi tra latte estivo ed invernale e complessivamente un valore nutrizionale migliore del latte estivo. Il consumo di foraggio fresco ha determinato nei formaggi un maggior contenuto di acidi grassi con impatto positivo sulla salute del consumatore. (scarica la presentazione)

 

Valutazione nutraceutica dei formaggi di montagna di Pier Paolo Danieli – Università della Tuscia. Gruppo di ricerca: P. P. Danieli, B. Ronchi, U. Bernabucci, L. Basiricò, Università della Tuscia

Il latte è composto da un’ampia gamma di proteine che possono generare peptidi dotati di attività biologica come i biopeptidi ACE-inibitori per i quali è accertata una certa attività anti-ipertensiva. Nell’ambito del progetto IALS s’è voluto studiare il potenziale ACE-inibitore dei peptidi presenti in estratti acquosi di formaggi di montagna in relazione alle aziende produttrici (due aziende piemontesi) e alla stagione di produzione (estiva vs. invernale). I risultati ottenuti sono incoraggianti: con una IC50 media pari 2,3 µg di peptidi per mL di estratto dai formaggi, i prodotti testati si collocano nel range di quelli potenzialmente interessanti sotto il punto di vista nutraceutico. Sono state inoltre osservate differenze tra le aziende e in base alla stagione di produzione, differenze probabilmente legate alla differente genetica degli animali in produzione, alla gestione dell’allevamento, alla disponibilità di foraggi freschi o di pascolo e presumibilmente anche alle pratiche di caseificazione. Ulteriori indagini sono in corso per valutare altri aspetti nutraceutici che possano consentire una migliore valorizzazione dei prodotti caseari di montagna. (scarica la presentazione)

 

Sostenere l'agricoltura di montagna grazie alla certificazione “Prodotto di montagna”: un approccio metodologico attraverso gli esperimenti di scelta di Chiara Mazzocchi – Università degli studi di Milano. Gruppo di ricerca: C. Mazzocchi, G. Sali, Università degli studi di Milano

Obiettivo dello studio è stato di valutare la disponibilità dei consumatori a pagare per un formaggio tipico di montagna con diverse caratteristiche di produzione sostenibile, tra cui il marchio di “Prodotto di Montagna”, utilizzando l’approccio degli Esperimenti di Scelta. I principali risultati confermano l'interesse degli intervistati per l'etichetta di “Prodotto di Montagna”, probabilmente per il rinnovato interesse dei consumatori per un processo produttivo rispettoso dell'ambiente e perché il territorio montano è percepito come portatore di valori positivi. Altri risultati emersi dallo studio sono stati la sensibilità dei giovani al tema del marchio “Prodotto di Montagna” e del benessere animale, suggerendo un target interessante a cui indirizzare strategie di marketing innovative. (scarica la presentazione)

 

Valorizzazione dei formaggi d’alpeggio: strategie di comunicazione per prodotti unici di Eugenio Demartini – Università degli studi di Milano. Gruppo di ricerca: A. Gaviglio, E. Demartini, M. E. Marescotti, R. Filippini, Università degli studi di Milano; F. Verneau, F. La Barbera, M. Amato, Università degli Studi di Napoli Federico II

I formaggi di montagna vengono prodotti da aziende uniche, del tutto diverse dai caseifici tipicamente presenti nelle zone di pianura, utilizzando processi tradizionali, risultato di una forte specializzazione e del legame con il territorio. La produzione dei formaggi di montagna segue inoltre le stagioni e per questo si possono distinguere formaggi invernali ed estivi. Obiettivo della ricerca è stato di valutare le differenti disponibilità a pagare per prodotti realizzati in stagioni differenti, testando l’effetto di diverse informazioni e loghi sulle preferenze del consumatore. E' stata svolta un’asta online rappresentativa della popolazione italiana che ha dimostrato che l’informazione razionale sul benessere animale garantito nella stagione estiva aumenta sensibilmente la disponibilità a pagare dei consumatori. Meno efficaci sono invece i loghi, che comunque possono contribuire a valorizzare il prodotto montano. (scarica la presentazione)

 

A cura di Ars.Uni.Vco

Se l’autunno sarà caldo come lo sono state le altre stagioni, il 2020 diventerà l’anno più caldo che si sia mai avuto in Italia dall’inizio dell’Ottocento (da quando si hanno a disposizione serie di misure strumentali della temperatura dell’aria), andando così a infrangere un record che nel corso del corrente decennio è già caduto ben tre volte (2018, 2015 e 2014).

Il progetto iGRAL verifica le possibilità di ripristino del pascolo anche attraverso il posizionamento strategico di “punti sale”, integratori salutari e attrattivi per il bestiame.

 

iGRAL è un progetto di ricerca interdisciplinare sulla conservazione dei pascoli montani, minacciati dall’abbandono delle attività agropastorali tradizionali. Tra le ipotesi sperimentali c’è quella di verificare l’efficacia di integratori a base di sale distribuiti in modo da attrarre gli animali al pascolo in aree poco frequentate.

L’abbandono delle attività pastorali è conseguenza delle trasformazioni sociali ed economiche che hanno portato le comunità rurali, soprattutto montane, a trasferirsi in città lasciando in abbandono i pascoli, risorse strategiche che oltre a cibo e reddito offrono numerosi altri servizi indiretti per tutta la società, non solo per quella rurale.

In tale situazione, i pascoli erbosi si stanno rapidamente trasformando in distese di arbusti (arbusteti). Questa evoluzione può comportare una serie di effetti negativi quali la perdita di biodiversità, l'aumento degli incendi, l'erosione e le valanghe. Di conseguenza, la conservazione e il ripristino delle praterie semi-naturali sono azioni da portare avanti per gli effetti benefici che esercitano sull’ambiente e sulle comunità rurali.

Ricerche recenti svolte sui pascoli delle zone temperate mostrano i vantaggi del posizionamento strategico dei “punti sale”,  blocchi di integratori alimentari basati su miscele di sali minerali, molto graditi dal bestiame. Questi fungono da attrattivi per gli animali al pascolo verso aree non più frequentate dove i pascoli erbacei sono stati invasi da arbusti e specie infestanti.

Foto internoGli effetti combinati del pascolamento, del calpestamento, del trasporto di semi e della ridistribuzione dei nutrienti con le feci da parte del bestiame, limitano la diffusione di piante infestanti e favoriscono la diffusione delle specie erbacee appetite al bestiame, ripristinando l’ecosistema pastorale con la sua biodiversità.

iGRAL sta sperimentando i punti sale nelle alpi Piemontesi e a Macomer, nella montagna sarda, con l'obiettivo di verificarne l’efficacia anche in contesti mediterranei. L'area è ben rappresentativa di zone abbandonate dove le querce lanuginose e arbusti infestanti quali il rovo e la felce hanno sostituito i pascoli erbosi. La sperimentazione è in corso presso l’azienda sperimentale dell'Agenzia di ricerca per l’agricoltura della Sardegna (AGRIS Sardegna).

Una mandria di dodici bovine di razza Sarda con i loro vitelli pascola su un’area di circa 40 ha dove sono stati posizionati nove “punti sale” (blocchi da 5 kg di sale fosfatico) in zone infestate perché sottoutilizzate.

Altre nove aree con vegetazione e condizioni topografiche simili ma senza blocchi di sale fungono da trattamento di controllo. L’efficacia dei “punti sale” è stata valutata monitorando, attraverso il GPS, i movimenti della mandria all’interno del bosco. I primi risultati ottenuti indicano che gli animali nei loro percorsi quotidiani coprono circa 7 km e visitano i punti sale più frequentemente rispetto alle aree di controllo.

Per scoprire gli effetti sulla vegetazione saranno necessari tempo e ulteriori monitoraggi. Tuttavia, i risultati preliminari sembrano confermare quelli ottenuti nei pascoli temperati in diverse condizioni di vegetazione e con diverse razze bovine.

 

AUTORI

Marco Acciaro1, Maria Sitzia1, Marcello Verdinelli2, Pierpaolo Roggero3, Giampiero Lombardi4, Ginevra Nota4, Marco Pittarello4

1 AGRIS Sardegna, 07040 Olmedo, Italy, Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. 2 National Research Council, Institute of BioEconomy, Italy, Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.  3 University of Sassari, Desertification Research Centre, Italy, Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. 4 University of Turin, Dept. Agricultural, Forest & Food Sciences, Italy, Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

BIBLIOGRAFIA

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Probo M., Lonati M., Pittarello M., Bailey D.W., Garbarino M., Gorlier A. and Lombardi G. (2014) Implementation of a rotational grazing system with large paddocks changes the distribution of grazing cattle in the south-western Italian Alps. The Rangeland Journal, 36, 445–458.

Ruiu P.A., Marrosu G.M., Salis L., Pira G., Sitzia M., 2017.Vegetation evolution in Mediterranean oakwood grazed by cattle. Grassland Science in Europe, Vol. 22 – Grassland resources for extensive farming systems in marginal lands, , ISBN: 978-88-901771-9-4, 397 – 399.

Nelle zone di montagna, l'allevamento dei pascoli è spesso la principale attività e la principale fonte di reddito per le comunità locali. Pertanto, gli impatti del cambiamento climatico hanno forti ripercussioni sull'economia locale e regionale, sulle comunità e sulla struttura sociale delle zone di montagna.