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L’attenzione dei consumatori verso consumi e abitudini più sostenibili a minor impatto ambientale ha avuto impatti tangibili anche sui mercati agro-alimentari, che hanno accettato questa sfida offrendo una varietà di sistemi di certificazione a beneficio dei consumatori. I sistemi di certificazione dei prodotti favoriscono la diffusione sul mercato dei prodotti alimentari tipici, supportando lo sviluppo territoriale e le produzioni socialmente ed ambientalmente sostenibili, specialmente nelle aree svantaggiate come quelle montane, in cui l’agricoltura è una risorsa fondamentale per l’economia locale.
La sostenibilità delle produzioni alimentari coinvolge anche strategie di sviluppo territoriale: i sistemi di certificazione del food possono contribuire all'economia locale dei territori, come avviene con il marchio del “Prodotto di Montagna”, introdotto dai Regolamenti UE 665/2014 e UE 1151/2012 per favorire lo sviluppo sostenibile dei sistemi economici di montagna.
Sebbene le certificazioni alimentari incentrate sulla sostenibilità sostengano i consumatori nelle loro scelte di acquisto, queste sono guidate anche da motivazioni etiche, ambientali e culturali. Nelle indagini qualitative, i partecipanti sono spesso incoraggiati a indicare le loro opinioni sulle questioni etiche e ambientali, utilizzando scale attitudinali.
Al fine di indagare l'impatto dell'etichetta marchio del “Prodotto di Montagna” sulla scelta di acquisto dei consumatori e di considerare congiuntamente le loro motivazioni etiche, ambientali e culturali, lo studio propone un approccio metodologico innovativo basato su Esperimenti di Scelta Ipotetici e sull’analisi delle Scale Attitudinali. Più in dettaglio, il nostro lavoro mira a valutare l'influenza degli atteggiamenti dei consumatori nell'acquisto di un formaggio alpino marchiato con differenti sistemi di certificazione di sostenibilità, attraverso un approccio in due fasi.
Nella prima fase, abbiamo stimato le preferenze dei consumatori per i marchi "Prodotto di Montagna", "Biologico" e il tema del "Benessere animale" del formaggio alpino utilizzando gli Esperimenti di Scelta. Nella seconda fase, abbiamo utilizzato tre scale attitudinali per valutare la loro influenza nel comportamento dei consumatori nella scelta del formaggio alpino, mediante un approccio PLS-SEM (Partial Least Squares Structural Equation Modeling).
I risultati principali sono legati all'influenza che i valori etici del consumatore hanno esercitato sul processo decisionale di acquisto dei consumatori. In particolare, essere “Green consumers”, credere e agire come consumatori attenti alle problematiche ambientali, esprimere valori come la preoccupazione per i danni ambientali dovuti alle pratiche di produzione e la consapevolezza dell'impatto delle scelte di acquisto sull'ambiente, è una caratteristica strettamente in relazione con la scelta del marchio "Prodotto di Montagna". Pertanto, l'etichetta del prodotto di montagna potrebbe essere una risorsa a supporto dell'economia di montagna rivolta soprattutto alle persone sensibili alle preoccupazioni ambientali. Ciò conferma l'idea che le pratiche agricole di montagna siano percepite come più ecologiche ed etiche di altre tipologie di agricoltura. In quest’ottica, diventa importante anche la comunicazione marchio “Prodotto di Montagna” proprio a questo target di consumatori, che dai risultati dell’analisi sembrerebbero molto interessati a questa certificazione.
Inoltre, un altro interessante risultato emerso dall’analisi è la relazione tra i valori dei “Green consumers”, e quelli del “Benessere animale” inteso come attenzione delle filiere produttive alle pratiche sostenibili di cura e benessere degli animali, quali ad esempio la pratica del pascolo in alpeggio, includendo così la sensibilità al benessere degli animali tra i valori dei “Green consumers”.

A cura di Chiara Mazzocchi,

Università di Milano

È quanto emerso dallo studio condotto, nell’ambito del progetto IALS, presso la Formazza Agricola S.C.R.L. di Formazza (VB).
La Val Formazza, nell’ambito della quale opera l’azienda, è una delle valli del comprensorio della Val d'Ossola, in Provincia del Verbano-Cusio-Ossola, al confine con la Svizzera, ed è l'estrema propaggine settentrionale del Piemonte. È percorsa dal fiume Toce, che si origina in testa alla valle, e, alimentato dai torrenti che attraverso le gole laterali forma, più in basso, cascate e laghi artificiali.
Il nostro studio si è soffermato sulla stima della capacità di riduzione del rischio d’erosione dei versanti dovuta alla presenza di praterie permanenti nel fondovalle, sia a livello comprensoriale che dell’azienda agricola Formazza. A tal fine si sono confrontate due ipotesi: la prima, quella reale, di presenza di praterie permanenti utilizzate sia per la foraggicoltura, sia per il pascolo bovino; la seconda, simulata, di presenza di seminativi sottoposti a lavorazioni meccaniche (aratura, erpicatura, ecc.) in sostituzione ai prati permanenti.
I confini degli appezzamenti aziendali gestiti dalla Formazza Agricola S.C.R.L. (Fig. 1), forniti dalla stessa in formato cartaceo, sono stati georeferiti e digitalizzati in ambiente GIS (Geographic Information System). Posizionando opportunamente un punto al centro di un pixel sull’asta principale (nel caso in esame il Fiume Toce) subito a valle della particella-appezzamento pascolivo tra quelli di proprietà a quota più bassa, si è ottenuto il bacino afferente
Il calcolo della quantità di suolo erodibile, per ciascuna ipotesi, espresso come tonnellate per ettaro per anno, è stato stimato applicando, in ambiente GIS, il modello matematico chiamato RUSLE, acronimo di "Revised Universal Soil Loss Equation", quantificato con il fattore K per il cui calcolo si tiene conto dei fattori quali il tasso di perdita di suolo medio stimato (V), l’erosività della pioggia (R), l’erodibilità del suolo (K), ossia la suscettibilità del suolo ad essere eroso il fattore topografico (Ls), determinato dalla pendenza, lunghezza e forma dei versanti che influenzano la velocità di ruscellamento e quindi il rischio di erosione del suolo e la copertura del suolo (C) in quanto la vegetazione naturale mantiene il suolo coperto tutto l’anno tramite le foglie e la lettiera mentre, al contrario, l’uso agricolo che lo lascia nudo e quindi esposto agli agenti erosivi per lunghi periodi.
La simulazione delle due coperture del suolo (prateria permanente e seminativo arabile) è stata ottenuta variando il fattore “C”, attribuendogli rispettivamente un valore di 0,04 e 0,4. Nel confronto, gli altri fattori sono stati lasciati invariati.
Dai risultati è emerso che nel caso in cui i terreni dell’azienda Formazza fossero utilizzati come seminativo arabile (fattispecie simulata), si avrebbe un rischio di erosione media annua di 384 t/ha, mentre nel caso di praterie inerbite (come nella fattispecie reale), il valore medio si ferma a 188 t/ha all’anno.
È evidente che l’attuale tipologia di utilizzo delle parcelle in proprietà (inerbimento permanente) garantisce una forte limitazione del suolo eroso (-104,2%) rispetto ad un possibile scenario di coltivazione a seminativo.
Si conferma, pertanto, che i modelli zootecnici che adottano pratiche di pascolamento estensivo come quello della Formazza Agricola S.C.R.L., oltre a fornire alimenti di origine animale di elevata qualità organolettica e nutrizionale, contribuiscono in maniera importante anche al mantenimento di molteplici servizi ecosistemici, tra i quali quello legato all’assetto idrogeologico e paesaggistico. A cura di Pier Paolo Danieli, Riccardo Primi, Bruno Ronchi
Università degli Studi della Tuscia

Nell’autunno dello scorso anno si è conclusa la raccolta dati relativa al terzo Work Package del Progetto IALS, il cui obiettivo fondamentale è lo studio della disponibilità a pagare (DAP) dei consumatori per i formaggi montani di alta qualità, attraverso l’utilizzo di aste sperimentali di tipo BDM, già descritte in un precedente articolo. In particolare, sono state indagate le DAP per due diversi prodotti: i) formaggio montano prodotto durante la stagione invernale; ii) formaggio montano prodotto durante la stagione estiva.

Inoltre, nell’ambito del WP3 è stato valutato il ruolo della conoscenza e dell’informazione nell’influenzare la DAP dei consumatori per queste due categorie di formaggi (invernale vs estivo). In particolare, si sono studiati gli effetti di due messaggi informativi relativi, il primo, alle caratteristiche organolettiche dei prodotti ed il secondo al rispetto del benessere animale. Inoltre, è stato valutato l’effetto di due differenti loghi stampati sul confezionamento, nello specifico uno relativo alle modalità di allevamento all’aperto e uno relativo all’alimentazione degli animali esclusivamente svolta tramite erba fresca. 

Ai partecipanti è stato sottoposto un questionario online diviso in due parti: una prima dedicata alle aste sui formaggi oggetto di studio e, successivamente, una parte dedicata invece alle caratteristiche psico-attitudinali. Complessivamente sono state raccolte oltre 800 risposte valide. I partecipanti hanno un’età media di 46,3 anni, dichiarano un reddito medio mensile di circa 2.000 euro. La distribuzione del campione per genere ed area territoriale di residenza si sovrappone con quella della popolazione italiana. 

I molti dati raccolti sono adesso in fase di studio ed analisi ma già è possibile presentare e commentare alcuni primissimi risultati.
In primo luogo, si è osservato che i prezzi medi rilevati sono decisamente in linea con quelli reali di mercato per le tipologie di prodotti prese in esame. Questa evidenza suggerisce come i partecipanti all’indagine mostrino una buona conoscenza del mercato ed esibiscano comportamenti pienamente razionali. Inoltre, è emerso che i consumatori intervistati non attribuiscono alcun premio di prezzo al prodotto estivo in assenza di shock informativi. Infatti, prendendo in considerazione soltanto le offerte positive (DAP >0), i prezzi medi del formaggio invernale (4,03 euro, ovvero 20,15 euro/kg) e di quello estivo (4,09 euro, ovvero 20,45 euro/kg) sono sostanzialmente identici. Tuttavia, quando i consumatori vengono informati sulle differenze tra i due prodotti, aumenta il numero di individui disponibili a pagare un premio di prezzo per il prodotto estivo. Anche la presenza dei due loghi influenza positivamente la numerosità dei rispondenti disposti a pagare un premio di prezzo per il prodotto estivo, anche se in questo caso l’incremento di prezzo è inferiore rispetto a quello generato dallo shock informativo.

Ancora più interessante, soprattutto in un’ottica di marketing e valorizzazione dei prodotti, è analizzare la distribuzione delle DAP. Se puntiamo l’obiettivo sul 90-esimo percentile (dove ritroviamo i partecipanti che hanno espresso le DAP più elevate) osserviamo che questo 10% di individui è disposto a spendere almeno 8 euro (40 euro/kg) per aggiudicarsi entrambi i prodotti. Questo gruppo di consumatori rappresenta una nicchia di mercato molto interessante che va opportunamente caratterizzata sia rispetto alle variabili sociodemografiche che psico-attitudinali in modo da definire efficaci politiche di comunicazione per la scrematura di questo mercato. 

In conclusione, l’analisi preliminare dei dati lascia già intravvedere il ruolo cruciale della conoscenza e dell’informazione nel processo di creazione del valore. Infine, la possibilità di caratterizzare i cluster di consumatori con disponibilità a pagare più elevate, può agevolare la definizione di specifici e nuovi piani di comunicazione e marketing al fine di garantire la massima remunerazione possibile per le risorse umane e naturali investite in ambiente montano.

 

A cura di Mario Amato e Fabio Verneau

Università degli Studi di Napoli Federico II

Sono disponibili alcuni nuovi risultati delle indagini di laboratorio effettuate dal progetto IALS sui formaggi di montagna. Nei precedenti articoli sono stati descritti i risultati della determinazione del contenuto in acidi grassi del latte, mettendo a confronto produzioni lattiero-casearie effettuate nel periodo estivo ed invernale.

Le analisi del profilo acidico sono state effettuate anche sui formaggi prodotti con la lavorazione del latte di massa, campionato e analizzato. La lavorazione della produzione estiva di latte delle due aziende nelle quali il progetto IALS effettua i campionamenti è caratterizzata dalla produzione di un formaggio a pasta semicotta con una stagionatura minima di 2-3 mesi. In entrambe le aziende il latte viene lavorato intero e crudo da giugno a settembre e da origine a due produzioni casearie caratteristiche denominate SÜMMER per l’azienda Formazza e MONSCERA per l’azienda Dellapiazza, denominazione che richiama a quella dell’alpe (alpe Monscera) dove la vacche vengono "monticate" durante l’estate.

La lavorazione invernale prevede anche in questo caso l’impiego di latte intero e crudo, la pasta è semicotta e il formaggio prodotto mantiene perlopiù la stessa pezzatura e forma della produzione estiva, così come la stagionatura minima prevista prima della vendita. La peculiarità che caratterizza la produzione estiva di formaggio di entrambe le aziende è l’alimentazione a base di erba fresca: di sfalcio fresco per l’azienda in Val Formazza che fa anche un’integrazione con mangime e di solo pascolo in Alpe Monscera per l’altra azienda, che non prevede alcuna integrazione di mangime nella dieta estiva.

Il profilo acidico dei formaggi analizzati riproduce in linea generale quanto già evidenziato dalle analisi del latte in cui si sono evidenziate differenze significative del contenuto degli acidi grassi in quello estivo ed invernale e complessivamente anche un valore nutrizionale migliore del latte estivo.

Tuttavia, il contenuto in acidi grassi dei formaggi ha evidenziato complessivamente maggiori differenze significative che hanno consentito di discriminare chiaramente con la tecnica di statistica multivariata i formaggi estivi e quelli invernali per entrambe le aziende. L’effetto del solo pascolo in alpeggio ha determinato un calo significativo del contenuto di acidi grassi saturi (57.6%) nel formaggio a fronte di contenuti compresi tra 67-68% degli altri formaggi, sia estivi che invernali. Per contro gli acidi grassi polinsaturi (PUFA) sono risultati significativamente sempre più elevati nei formaggi estivi con valori compresi tra 3.91 e 5.34%. Il consumo di foraggio fresco in entrambe le aziende, ha determinato un maggior contenuto di CLA nel formaggio estivo (1.26-1.49%) rispetto a quello invernale (0.52-0.71%), con differenze significative dal punto di vista statistico. Oltre ai CLA sono stati identificati altri acidi grassi con proprietà funzionali positive per la salute dell’uomo, sempre più presenti nei formaggi estivi. Degno di nota è risultato il contenuto di acidi grassi isomeri trans dell’acido oleico (C18:1), che oltre ad essergli stato riconosciuto un ruolo positivo per la salute dell’uomo rappresentano anche un indicatore legato non solo alla pratica dl pascolo, ma anche alla sua altitudine. Nel formaggio ottenuto in alpeggio in quota, a 2000 metri (Alpe Monscera), il contenuto di isomeri trans del C18:1 è risultato particolarmente elevato (4.28%) e in accordo con quanto già riportato da altri autori (Collomb et al., 2002).

Come già detto, il rapporto tra acidi grassi della serie n6 e quelli n3 (n6/n3) è oggi considerato un indicatore nutrizionale importante per la salute del consumatore. Il valore di n6/n3 calcolato nei campioni di formaggio delle due aziende coinvolte in questo progetto è risultato ancora più basso che nel latte e comunque inferiore a 3.5, sempre più basso nel formaggio estivo. In particolare, il formaggio delle vacche condotte in alpeggio ha mostrato un rapporto n6/n3 uguale a 1.66, particolarmente favorevole dal punto di vista nutrizionale.

L’analisi degli acidi grassi nei formaggi ha consentito quindi di fornire informazioni importanti riguardo il suo valore nutrizionale, ma anche di fornire indicazione circa la sua origine: permette quindi di distinguere una produzione di formaggio estivo da una invernale, una produzione di formaggio basata sulla pratica dell’alpeggio. Complessivamente la qualità nutrizionale del formaggio, intesa come presenza di acidi grassi che possono avere effetti benefici sulla salute dell’uomo, è risultata molto elevata soprattutto nelle produzioni estive, sebbene anche quella invernale sia risultata avere una qualità ottima da questo punto di vista.

 

Prof.ssa Federica Bellagamba
Università degli Studi di Milano
Dip. di Scienze Veterinarie per la Salute, la Produzione Animale e la Sicurezza Alimentare - VESPA

BIBLIOGRAFIA
Collomb at al. Composition of fatty acids in cow’s milk fat produced in the lowlands, mountains and highlands of Switzerland using high-resolution gas chromatography. International Dairy Journal 12 (2002) 649–659

L’emergenza Covid ha pesantemente interferito con tutte le attività umane ed anche la vita universitaria ha dovuto fare i conti con le restrizioni e i vincoli introdotti per tutelare la salute pubblica. Tuttavia, l’Università ha saputo rappresentare in questa emergenza Covid un punto di riferimento importante per la comunità studentesca e per il Paese, ad esempio garantendo la piena continuità di tutte le attività didattiche e formative offerte attraverso modalità innovative. Anche la ricerca, ovviamente, ha fatto la sua parte adattandosi alle misure di volta in volta messe a punto dal governo e dalle autorità regionali.
In particolare, il progetto IALS - sostenuto da Ager - è chiamato, proprio in questi tempi incerti e dominati dalla preoccupazione, a svolgere una delle sue attività più ambiziose e delicate cioè la stima delle Disponibilità a Pagare (DAP) per i formaggi d’alpeggio della val Formazza. Infatti, anche in condizioni di piena normalità, Il valore attribuito dai consumatori ai prodotti è una variabile difficile da studiare perché essa è fortemente influenzata da un complesso di fattori riconducibili al prodotto, alle tecniche produttive ed anche alle caratteristiche del territorio che esprime i prodotti. La stima delle DAP e la conoscenza del ruolo svolto dalle caratteristiche di prodotto e di processo sono fondamentali nella fissazione del prezzo e nella scelta delle più opportune politiche di comunicazione e valorizzazione dei prodotti sui mercati.
Stimare le disponibilità a pagare richiede però un intenso scambio informativo con i potenziali consumatori che deve svolgersi in condizioni sperimentali ben definite secondo i protocolli descritti in fase di progettazione della ricerca perché sono molti i fattori esterni che possono produrre un qualche disturbo nella fase di raccolta dei dati. Per questo, il team di ricerca delle Università di Milano e di Napoli ha dovuto, sin dalle prime fasi dell’epidemia, rimandare lo svolgimento delle attività sperimentali ed aprire una fase di ripensamento dei protocolli e delle modalità di raccolta dei dati. Infatti, lo strumento delle aste sperimentali, che è stato scelto per l’elicitazione delle DAP, prevede il coinvolgimento di consumatori reali in attività sperimentali che prevedono l’ispezione dei prodotti, la dichiarazione dei prezzi che si è disposti a pagare ed il successivo acquisto. Tutte queste decisioni da assumere e queste azioni da intraprendere non sono purtroppo compatibili con il picco di incertezza e paura che ha contraddistinto la diffusione epidemica. Paura ed incertezza interagiscono con le aspettative degli individui e con i loro comportamenti. In particolare, le preoccupazioni sulle conseguenze economiche della pandemia possono modificare significativamente sia le intenzioni di acquisto che le disponibilità a pagare. Si è così deciso di rimandare la fase sperimentale di raccolta dati, aspettando il superamento della piena emergenza con l’appiattimento della curva epidemica e la ripresa di aspettative positive nella comunità di consumatori. Fortunatamente, dopo oltre due mesi di lockdown, la situazione di crisi comincia a riassorbirsi ed è presumibile che in un immediato futuro il già previsto piano sperimentale possa diventare esecutivo.
Ma la sospensione temporanea delle attività sperimentali ha anche consentito ai ricercatori di Milano e di Napoli di perfezionare ulteriormente il disegno sperimentale per esempio attraverso la somministrazione di un questionario online per raccogliere ed analizzare le opinioni degli intervistati su di una selezione di logo da utilizzare per segnalare ai potenziali consumatori le caratteristiche di pregio dei prodotti oggetto di studio.
Come vengono interpretati i logo proposti per segnalare processi produttivi che rispettano il benessere animale o che prevedono l’utilizzo di erba fresca per l’alimentazione o ancora il ricorso al pascolo e la vita delle bovine all’aria aperta? Che capacità hanno gli intervistati di associare l’immagine del logo alla specifica pratica produttiva? Quali sensazioni sono evocate dalla visione dei diversi logo? L’analisi dei dati raccolti condotta con tecniche di tipo qualitativo ha consentito di dare risposta a queste domande ed i risultati ottenuti hanno guidato i ricercatori nella selezione dei logo da proporre. Il disegno sperimentale è stato così ulteriormente rifinito e completato. Infine, in vista della prossima fase finale di raccolta del dato, è stato anche predisposto un pre-test da effettuare su un piccolo campione ragionato di studenti universitari. Si tratta, in estrema sintesi, di un’asta sperimentale simulata ma pienamente conforme al protocollo selezionato, per verificare che tutte le sezioni di questo complesso disegno sperimentale funzionino con la massima efficienza possibile.

 

Autori:

Anna Gaviglio Università degli Studi di Milano - Dipartimento di Scienze Veterinarie per la Salute, la Produzione Animale e la Sicurezza Alimentare - VESPA

Fabio Verneau Università degli Studi di Napoli Federico II - Dipartimento di Scienze Politiche - DISP

 

Le analisi del profilo acidico sui campioni di latte raccolti all’interno del progetto IALS hanno consentito il riconoscimento di acidi grassi associati ad un particolare significato nutrizionale, quali gli isomeri dell’acido linoleico coniugato (CLA), acidi grassi a catena dispari e ramificati (OBCFA), acidi grassi polinsaturi della serie n6 e n3.