Montagne
Cos'è l'agricoltura di montagna
PERCHè FINANZIARE l'agricoltura di montagna

progetti finanziati agricoltura di montagna

L’emergenza Covid ha pesantemente interferito con tutte le attività umane ed anche la vita universitaria ha dovuto fare i conti con le restrizioni e i vincoli introdotti per tutelare la salute pubblica. Tuttavia, l’Università ha saputo rappresentare in questa emergenza Covid un punto di riferimento importante per la comunità studentesca e per il Paese, ad esempio garantendo la piena continuità di tutte le attività didattiche e formative offerte attraverso modalità innovative. Anche la ricerca, ovviamente, ha fatto la sua parte adattandosi alle misure di volta in volta messe a punto dal governo e dalle autorità regionali.
In particolare, il progetto IALS - sostenuto da Ager - è chiamato, proprio in questi tempi incerti e dominati dalla preoccupazione, a svolgere una delle sue attività più ambiziose e delicate cioè la stima delle Disponibilità a Pagare (DAP) per i formaggi d’alpeggio della val Formazza. Infatti, anche in condizioni di piena normalità, Il valore attribuito dai consumatori ai prodotti è una variabile difficile da studiare perché essa è fortemente influenzata da un complesso di fattori riconducibili al prodotto, alle tecniche produttive ed anche alle caratteristiche del territorio che esprime i prodotti. La stima delle DAP e la conoscenza del ruolo svolto dalle caratteristiche di prodotto e di processo sono fondamentali nella fissazione del prezzo e nella scelta delle più opportune politiche di comunicazione e valorizzazione dei prodotti sui mercati.
Stimare le disponibilità a pagare richiede però un intenso scambio informativo con i potenziali consumatori che deve svolgersi in condizioni sperimentali ben definite secondo i protocolli descritti in fase di progettazione della ricerca perché sono molti i fattori esterni che possono produrre un qualche disturbo nella fase di raccolta dei dati. Per questo, il team di ricerca delle Università di Milano e di Napoli ha dovuto, sin dalle prime fasi dell’epidemia, rimandare lo svolgimento delle attività sperimentali ed aprire una fase di ripensamento dei protocolli e delle modalità di raccolta dei dati. Infatti, lo strumento delle aste sperimentali, che è stato scelto per l’elicitazione delle DAP, prevede il coinvolgimento di consumatori reali in attività sperimentali che prevedono l’ispezione dei prodotti, la dichiarazione dei prezzi che si è disposti a pagare ed il successivo acquisto. Tutte queste decisioni da assumere e queste azioni da intraprendere non sono purtroppo compatibili con il picco di incertezza e paura che ha contraddistinto la diffusione epidemica. Paura ed incertezza interagiscono con le aspettative degli individui e con i loro comportamenti. In particolare, le preoccupazioni sulle conseguenze economiche della pandemia possono modificare significativamente sia le intenzioni di acquisto che le disponibilità a pagare. Si è così deciso di rimandare la fase sperimentale di raccolta dati, aspettando il superamento della piena emergenza con l’appiattimento della curva epidemica e la ripresa di aspettative positive nella comunità di consumatori. Fortunatamente, dopo oltre due mesi di lockdown, la situazione di crisi comincia a riassorbirsi ed è presumibile che in un immediato futuro il già previsto piano sperimentale possa diventare esecutivo.
Ma la sospensione temporanea delle attività sperimentali ha anche consentito ai ricercatori di Milano e di Napoli di perfezionare ulteriormente il disegno sperimentale per esempio attraverso la somministrazione di un questionario online per raccogliere ed analizzare le opinioni degli intervistati su di una selezione di logo da utilizzare per segnalare ai potenziali consumatori le caratteristiche di pregio dei prodotti oggetto di studio.
Come vengono interpretati i logo proposti per segnalare processi produttivi che rispettano il benessere animale o che prevedono l’utilizzo di erba fresca per l’alimentazione o ancora il ricorso al pascolo e la vita delle bovine all’aria aperta? Che capacità hanno gli intervistati di associare l’immagine del logo alla specifica pratica produttiva? Quali sensazioni sono evocate dalla visione dei diversi logo? L’analisi dei dati raccolti condotta con tecniche di tipo qualitativo ha consentito di dare risposta a queste domande ed i risultati ottenuti hanno guidato i ricercatori nella selezione dei logo da proporre. Il disegno sperimentale è stato così ulteriormente rifinito e completato. Infine, in vista della prossima fase finale di raccolta del dato, è stato anche predisposto un pre-test da effettuare su un piccolo campione ragionato di studenti universitari. Si tratta, in estrema sintesi, di un’asta sperimentale simulata ma pienamente conforme al protocollo selezionato, per verificare che tutte le sezioni di questo complesso disegno sperimentale funzionino con la massima efficienza possibile.

 

Autori:

Anna Gaviglio Università degli Studi di Milano - Dipartimento di Scienze Veterinarie per la Salute, la Produzione Animale e la Sicurezza Alimentare - VESPA

Fabio Verneau Università degli Studi di Napoli Federico II - Dipartimento di Scienze Politiche - DISP

 

Le analisi del profilo acidico sui campioni di latte raccolti all’interno del progetto IALS hanno consentito il riconoscimento di acidi grassi associati ad un particolare significato nutrizionale, quali gli isomeri dell’acido linoleico coniugato (CLA), acidi grassi a catena dispari e ramificati (OBCFA), acidi grassi polinsaturi della serie n6 e n3.

L’esperienza di iGRAL al talent scientifico FameLab

 

Tra le attività di disseminazione promosse dal progetto iGRAL, ricordiamo la partecipazione all’edizione 2020 del FameLab, il talent internazionale di comunicazione scientifica per giovani ricercatori e studenti universitari.

In soli tre minuti i partecipanti devono cercare di conquistare giudici e pubblico parlando di un tema scientifico che li appassiona. La regola è quella delle tre C: contenuti, chiarezza e carisma.

Ideato nel 2005 dal Cheltenham Science Festival - comunica il sito ufficiale - coinvolge oggi oltre 30 paesi in tutto il mondo, e dal 2012 si svolge anche in Italia.

Si è lanciata in questa sfida anche Giovanna Piga, giovane dottoranda dell’Università di Sassari, iscritta al primo anno, XXV ciclo in Scienze Agrarie, curriculum Monitoraggio e Controllo degli Ambienti Agroforestali in Ambiente Mediterraneo, che ha partecipato alla semifinale di Sassari.

 

- Giovanna, qual è la tua formazione e di cosa ti occupi in iGRAL?

Sono specializzata in ecologia vegetale applicata, in particolare nelle relazioni tra biodiversità e servizi ecosistemici nei pascoli mediterranei e di analisi cross-taxon, ossia della correlazione spaziale della biodiversità. 

Fin da una precedente borsa di ricerca nel progetto iGRAL la mia attività si è incentrata sul rilievo e lo studio delle popolazioni delle formiche. Questi insetti sono bioindicatori dei pascoli, interagiscono con le piante e, infine, le loro attività influenzano le proprietà del suolo.

 

- In che modo sei riuscita a trasmettere la tua passione e un insieme di contenuti abbastanza tecnici a un pubblico di studenti delle scuole superiori?

Ho utilizzato la metafora della squadra. Le squadre di formiche sono composte da centinaia di migliaia di individui. Da milioni di anni trasmettono messaggi in codice e percorrono tragitti a noi invisibili. Cooperando tra loro diventano una super potenza della natura. Il segreto del successo delle formiche è la collaborazione. Ogni individuo svolge un compito preciso: esplorazione, foraggiamento, manutenzione e smaltimento dei rifiuti. La colonia si comporta come un super organismo: la vita di un singolo individuo non conta, conta solo la sopravvivenza della colonia.

 

- Si può immaginare un parallelismo tra comunità umane e comunità di formiche?

Il confronto tra la formica e l’uomo è affascinante. Sicuramente le prime detengono alcuni record, irraggiungibili dall’uomo. Ad esempio, una formica può sollevare 100 volte il proprio peso. Se consideriamo che le formiche esistono da 10 milioni di anni mentre l’Homo sapiens è apparso da circa 300.000, in un quadro ipotetico di precoce “senescenza” del pianeta, forse sorge qualche dubbio su chi sopravvivrà a chi.

 

Quindi… impariamo ad apprezzare e guardare con occhi diversi questi piccoli ma fondamentali abitanti del Pianeta!

 

Intervista di Stefania Bagella, Università degli Studi di Sassari

 

Lo studio delle caratteristiche nutrizionali e funzionali del latte prodotto dalle bovine nei due allevamenti di montagna oggetto delle ricerche rappresenta il secondo step del progetto IALS, dopo l’approfondimento legato ai foraggi.

Si sono svolte importanti indagini di laboratorio rivolte alla determinazione del contenuto in acidi grassi del latte, mettendo a confronto produzioni lattiero-casearie effettuate nel periodo estivo ed invernale, caratterizzate le prime da una dieta con un consumo prevalente di alimento fresco da parte della vacche. Ad ogni caseificazione è stato studiato latte di massa per poterne valutare e comprendere appieno le risposte in termini di caratteristiche nutrizionali e funzionali.

In un nostro primo articolo, pubblicato a luglio 2019 sul sito del progetto, abbiamo descritto le proprietà positive dei prodotti caseari sulla salute umana e in particolare la qualità del grasso del latte che, valutata principalmente per il suo contenuto in acidi grassi, è studiata da molti anni e sempre più con lo scopo di definire e caratterizzare quei composti che hanno appunto proprietà funzionali importanti per il benessere del consumatore. Lo studio di cui si è occupato il Dipartimento VESPA dell'Università degli Studi di Milano è stato rivolto in particolare alla ricerca di acidi grassi bioattivi, la cui presenza nel latte è legata alle popolazioni batteriche e ruminali e ad altri processi biochimici che avvengono nella ghiandola mammaria. I gruppi di acidi più studiati per le loro proprietà bioattive sono stati gli isomeri dell’acido linoleico coniugato (CLA) e gli acidi grassi a catena dispari e ramificata (OBCFA). Per l’uomo, le fonti principali di CLA e OBCFA nella dieta sono rappresentate dai prodotti lattiero caseari.

Il profilo acidico del latte è stato analizzato in campioni di latte di massa della produzione estiva (agosto-settembre 2018) e invernale (gennaio-febbraio 2019), prelevati settimanalmente in entrambe le aziende oggetto dello studio.
Sebbene la dieta estiva delle bovine prevedesse per entrambe le aziende il consumo di erba fresca, solo un’azienda pratica l’alpeggio e i campioni di latte raccolti in questa azienda provengono dalla produzione di vacche che in estate stazionano presso l’Alpe Monscera, situato a 2000 metri, e la cui alimentazione è sostenuta esclusivamente dalla pratica del pascolo. La seconda azienda, situata in Val Formazza a quota 1300 m, alimenta gli animali esclusivamente con foraggi (fieni ed erba) della valle e, in particolare, durante l’estate l’alimentazione è basata sul consumo di erba fresca sfalciata quotidianamente dai prati polifiti della Val Formazza, mentre di notte la razione viene integrata con fieno, sempre di origine locale, e con una quota di mangime concentrato.

Il contenuto di acidi grassi nel latte ha mostrato delle differenze statisticamente significative tra la produzione estiva e quella invernale in entrambe le aziende coinvolte nel progetto. Attraverso una tecnica di statistica multivariata che consente di valutare l’influenza combinata di tutte le variabili (acidi grassi) determinate contemporaneamente, tali differenze hanno permesso di discriminare con buona efficienza i campioni di latte estivo da quelli di latte invernale in entrambe le aziende.
In un successivo articolo illustreremo i risultati delle analisi sui campioni invernali ed estivi di latte prelevati, descrivendone le caratteristiche nutrizionali.

 

Prof.ssa Federica Bellagamba
Università degli Studi di Milano
Dip. di Scienze Veterinarie per la Salute, la Produzione Animale e la Sicurezza Alimentare - VESPA

Il progetto iGRAL verifica le possibilità di ripristino del pascolo anche attraverso il posizionamento strategico di “punti sale”, integratori salutari e attrattivi per il bestiame.

 

iGRAL è un progetto di ricerca interdisciplinare sulla conservazione dei pascoli montani, minacciati dall’abbandono delle attività agropastorali tradizionali. Tra le ipotesi sperimentali c’è quella di verificare l’efficacia di integratori a base di sale distribuiti in modo da attrarre gli animali al pascolo in aree poco frequentate.

L’abbandono delle attività pastorali è conseguenza delle trasformazioni sociali ed economiche che hanno portato le comunità rurali, soprattutto montane, a trasferirsi in città lasciando in abbandono i pascoli, risorse strategiche che oltre a cibo e reddito offrono numerosi altri servizi indiretti per tutta la società, non solo per quella rurale.

In tale situazione, i pascoli erbosi si stanno rapidamente trasformando in distese di arbusti (arbusteti). Questa evoluzione può comportare una serie di effetti negativi quali la perdita di biodiversità, l'aumento degli incendi, l'erosione e le valanghe. Di conseguenza, la conservazione e il ripristino delle praterie semi-naturali sono azioni da portare avanti per gli effetti benefici che esercitano sull’ambiente e sulle comunità rurali.

Ricerche recenti svolte sui pascoli delle zone temperate mostrano i vantaggi del posizionamento strategico dei “punti sale”,  blocchi di integratori alimentari basati su miscele di sali minerali, molto graditi dal bestiame. Questi fungono da attrattivi per gli animali al pascolo verso aree non più frequentate dove i pascoli erbacei sono stati invasi da arbusti e specie infestanti.

Foto internoGli effetti combinati del pascolamento, del calpestamento, del trasporto di semi e della ridistribuzione dei nutrienti con le feci da parte del bestiame, limitano la diffusione di piante infestanti e favoriscono la diffusione delle specie erbacee appetite al bestiame, ripristinando l’ecosistema pastorale con la sua biodiversità.

iGRAL sta sperimentando i punti sale nelle alpi Piemontesi e a Macomer, nella montagna sarda, con l'obiettivo di verificarne l’efficacia anche in contesti mediterranei. L'area è ben rappresentativa di zone abbandonate dove le querce lanuginose e arbusti infestanti quali il rovo e la felce hanno sostituito i pascoli erbosi. La sperimentazione è in corso presso l’azienda sperimentale dell'Agenzia di ricerca per l’agricoltura della Sardegna (AGRIS Sardegna).

Una mandria di dodici bovine di razza Sarda con i loro vitelli pascola su un’area di circa 40 ha dove sono stati posizionati nove “punti sale” (blocchi da 5 kg di sale fosfatico) in zone infestate perché sottoutilizzate.

Altre nove aree con vegetazione e condizioni topografiche simili ma senza blocchi di sale fungono da trattamento di controllo. L’efficacia dei “punti sale” è stata valutata monitorando, attraverso il GPS, i movimenti della mandria all’interno del bosco. I primi risultati ottenuti indicano che gli animali nei loro percorsi quotidiani coprono circa 7 km e visitano i punti sale più frequentemente rispetto alle aree di controllo.

Per scoprire gli effetti sulla vegetazione saranno necessari tempo e ulteriori monitoraggi. Tuttavia, i risultati preliminari sembrano confermare quelli ottenuti nei pascoli temperati in diverse condizioni di vegetazione e con diverse razze bovine.

 

AUTORI

Marco Acciaro1, Maria Sitzia1, Marcello Verdinelli2, Pierpaolo Roggero3, Giampiero Lombardi4, Ginevra Nota4, Marco Pittarello4

1 AGRIS Sardegna, 07040 Olmedo, Italy, Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. 2 National Research Council, Institute of BioEconomy, Italy, Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.  3 University of Sassari, Desertification Research Centre, Italy, Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. 4 University of Turin, Dept. Agricultural, Forest & Food Sciences, Italy, Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

BIBLIOGRAFIA

Bagella S., Caria M.C., Farris E., Rossetti I., Filigheddu R. (2016). Traditional land uses enhanced plant biodiversity in a Mediterranean agro-silvo-pastoral system. Plant Biosystems 150(2):201-207.

 Bagella S., Sitzia M., Roggero P.P. (2017). Soil fertilisation contributes to mitigating forest fire hazard associated with Cistus monspeliensis L. (rock rose) shrublands. International Journal of Wildland Fire, 26(2), 156-166.

Orlandi S., Probo M., Sitzia T., Trentanovi G., Garbarino M., Lombardi G. Lonati M. (2016). Environmental and land use determinants of grassland patch diversity in the western and eastern Alps under agro-pastoral abandonment. Biodiversity and Conservation 25(2): 275-293. Doi: 10.1007/s10531-016-1046-5.

Pittarello, M., Probo, M., Lonati, M., Bailey, D.W., and Lombardi, G. (2016). Effects of traditional salt placement and strategically placed mineral mix supplements on cattle distribution in the Western Italian Alps. Grass and Forage Science 71(4) 529 - 539. doi: 10.1111/gfs.12196

Probo M., Lonati M., Pittarello M., Bailey D.W., Garbarino M., Gorlier A. and Lombardi G. (2014) Implementation of a rotational grazing system with large paddocks changes the distribution of grazing cattle in the south-western Italian Alps. The Rangeland Journal, 36, 445–458.

Ruiu P.A., Marrosu G.M., Salis L., Pira G., Sitzia M., 2017.Vegetation evolution in Mediterranean oakwood grazed by cattle. Grassland Science in Europe, Vol. 22 – Grassland resources for extensive farming systems in marginal lands, , ISBN: 978-88-901771-9-4, 397 – 399.

Nelle zone di montagna, l'allevamento dei pascoli è spesso la principale attività e la principale fonte di reddito per le comunità locali. Pertanto, gli impatti del cambiamento climatico hanno forti ripercussioni sull'economia locale e regionale, sulle comunità e sulla struttura sociale delle zone di montagna.

Il cambiamento climatico determina attualmente stress di diversa natura sia nei confronti degli habitat naturali e sia sugli agroecosistemi.

Nel nostro precedente articolo vi abbiamo portato con noi attraverso le montagne della Val Bognanco e della Val Formazza, nella provincia del Verbano Cusio Ossola, dove abbiamo raccolto i campioni di foraggi estivi per determinarne le caratteristiche qualitative che, a loro volta, incidono sulla qualità del latte e dei formaggi derivati.

Lo studio delle caratteristiche nutrizionali dei foraggi impiegati per l’alimentazione delle bovine nei due allevamenti di montagna oggetto delle ricerche rappresenta un primo fondamentale step del progetto IALS.

Non si può infatti che partire da qui, da un’analisi approfondita della composizione delle diete degli animali in estate e in inverno, per poter poi valutare e comprendere appieno le risposte in termini di caratteristiche nutrizionali e funzionali del latte prodotto e dei formaggi che ne derivano.

In un nostro primo articolo, pubblicato a luglio 2019 sul sito del progetto, abbiamo descritto le modalità attraverso cui l’alimentazione delle bovine basata su erba fresca di alta montagna può migliorare la composizione del loro latte. Il motivo risiede principalmente nelle caratteristiche dell’erba verde consumata al pascolo e in particolare nella sua componente lipidica.

Uno dei due allevamenti presi in esame prevede che le bovine in lattazione vengano condotte in alpeggio nella Val Bognanco (provincia del Verbano Cusio Ossola), a partire da giugno fino a metà settembre, attraverso diverse stazioni ad altitudini progressive: la prima a San Bernardo (1500 m), la seconda a Alpe Arsa (1750 m), la terza all’Alpe di Monscera (2000 m). Durante questo periodo le bovine si cibano esclusivamente dell’erba di pascolo. Nell’estate 2018, quando abbiamo fatti i campionamenti di erba all’Alpe Monscera, le bovine in lattazione erano circa una quarantina, su un territorio pascolivo vasto ben 500 ettari. La produzione media di latte si aggirava sui 22-22 kg/capo.
L’ impostazione del lavoro di campionamento dell’erba al pascolo all’Alpe Monscera è stato abbastanza complesso. Infatti il contesto logistico è estremamente affascinante dal punto di vista paesaggistico, ma complicato dal punto di vista operativo, dato che l’Alpe Monscera è molto difficile da raggiungere. Comunque, con tanta buona volontà ed entusiasmo da parte di tutti, in primis degli allevatori, si è riusciti a prelevare i campioni erba ogni 15 giorni, in corrispondenza dei campionamenti di latte, in 5-6 punti diversi punti del pascolo.

Più semplice è stato il campionamento dell’erba fresca nel secondo allevamento di montagna che è situato in Val Formazza, vallata alpina a quota 1300 metri al confine con la Svizzera, luogo unico per caratteristiche paesaggistiche e culturali. Anche qui ci troviamo in un bellissimo scenario di montagna, ma la località è più facile da raggiungere e quindi l’organizzazione dei prelievi di erba è stata meno complessa. Per quanto riguarda le diete, la scelta aziendale è di alimentare gli animali esclusivamente con foraggi (fieni ed erbe) della Val Formazza per preservare il territorio e conferire al latte e ai formaggi aromi e sapori unici e non si utilizzano insilati. In particolare, durante l’estate l’alimentazione è basata sull’erba fresca sfalciata quotidianamente dai prati polifiti della Val Formazza, mentre di notte la razione viene integrata con fieno, sempre di origine locale e una quota di mangime concentrato di qualità. Nell’estate 2018, quando abbiamo condotti i nostri prelievi, le bovine in lattazione erano circa una quarantina, di razza Bruna Alpina, con produzione media di 26 litri di latte.

In un successivo articolo illustreremo i risultati delle analisi sui foraggi verdi prelevati, descrivendo la loro composizione chimica e le caratteristiche nutrizionali.

Prof. Donata Cattaneo
Università degli Studi di Milano
Dip. di Scienze Veterinarie per la Salute, la Produzione Animale e la Sicurezza Alimentare - VESPA