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Agricoltura di montagna: le proprietà funzionali dall’alimentazione animale al prodotto

Erba di montagna, una dieta ideale per il valore nutrizionale del latte

Unicità, vantaggi e svantaggi dell’alimentazione delle bovine da latte in montagna

L’alimentazione al pascolo basata sul consumo di erba fresca può comportare notevoli vantaggi sia in relazione al benessere degli animali che alle caratteristiche nutrizionali e funzionali dei prodotti animali che ne derivano. Pascolo ed erba fresca sono una fonte naturale di acidi grassi essenziali polinsaturi, precursori composti lipidici del latte con elevato valore nutrizionale, come gli acidi grassi polinsaturi n-3 e contribuiscono a una composizione più favorevole del grasso del latte per la salute del consumatore, che riguarda gli acidi grassi saturi/insaturi, i cis e trans MUFA (mono unsaturated fatty acids), gli acidi grassi a catena dispari e ramificata (OBCFA) e i CLA. Il consumo di erba fresca diminuisce il contenuto di acidi grassi sauri e in particolare diminuiscono quelli C10:0–C16:0, che hanno un effetto più negativo sulla salute dell’uomo. Oltre alle differenze osservate tra grasso del latte invernale (foraggio) ed estivo (erba fresca), la composizione botanica del pascolo, legata principalmente all'altitudine, produce differenze significative nella composizione degli acidi grassi del latte, aumentando alcuni FA favorevoli (trans vaccenico e CLA) e diminuendo SFA. Le diete a base di erba fresca di montagna possono quindi arricchire il latte di componenti bioattivi in modo naturale ed economico. I risultati delle analisi delle razioni e del loro profilo in acidi grassi hanno evidenziato sostanziali differenze composizionali fra diete estive a base di erba fresca e diete invernali nelle due aziende di montagna coinvolte nel progetto IALS. Alcuni acidi grassi potrebbero essere interessanti marker chimici per la discriminazione dell'origine del grasso del latte, contribuendo alla caratterizzazione e tutela dei prodotti caseari di montagna. L’alimentazione al pascolo delle bovine da latte pone alcune sfide che l’allevatore deve saper gestire rispetto all’alimentazione in stalla, come ad esempio minore produzioni di latte, inferiore assunzione di sostanza secca, impossibilità di conoscere puntualmente la composizione dell’erba.

 

A cura di: Donata Cattaneo, Giovanni Savoini, Federica Bellagamba

 

Dalle qualità nutrizionali del latte alle proprietà funzionali dei formaggi di montagna

Il profilo acidico dei formaggi analizzati riproduce in linea generale quanto già evidenziato dalle analisi del latte. Per quanto concerne il valore nutrizionale del formaggio e gli aspetti salutistici, l’effetto del solo pascolo in alpeggio (azienda A) ha determinato un calo significativo del contenuto di acidi grassi saturi (SFA) e un aumento dei mono insaturi (MUFA) mentre gli acidi grassi polinsaturi (PUFA) tra cui i CLA sono risultati significativamente sempre più elevati nei formaggi estivi quando la dieta della bovine si basava sul consumo di erba fresca. Degno di nota è risultato il contenuto di acido trans vaccenico (TVA), che oltre ad avere un ruolo positivo per la salute dell’uomo rappresenta anche un indicatore legato non solo alla pratica dl pascolo, ma anche alla sua altitudine. Il valore di n6/n3 calcolato nei campioni di formaggio delle due aziende (A e B) è risultato piuttosto favorevole risultando inferiore a 3.5 e sempre più basso nel formaggio estivo e in particolare in quello delle vacche condotte in alpeggio (1.7). L’analisi degli acidi grassi nei formaggi ha consentito quindi di fornire informazioni importanti riguardo il suo valore nutrizionale, ma anche di fornire indicazione circa la sua origine: distinguere una produzione di formaggio estivo da una invernale e una produzione di formaggio basata sulla pratica dell’alpeggio. Per quanto riguarda gli altri aspetti salutistici valutati in campioni di formaggi di montagna, è da rilevare un interessante potenziale ACE-inibitore (potenziale anti-ipertensivo) dovuto ai peptidi bioattivi presenti nel formaggio al termine della fase di maturazione. L’attività ACE-inibitoria è risultata generalmente superiore nei formaggi oggetto dello studio rispetto ad altri prodotti caseari noti, con alcune interessanti differenze tra le aziende oggetto dello studio (A e B) e il periodo di produzione (estivo o invernale). In particolare, nel prodotto estivo, almeno in un’azienda (B), la bioattività è risultata maggiore nel periodo dell’alpeggio rispetto a quello della stabulazione in stalla tipica del periodo invernale. Sono stati valutati anche alcuni indicatori del potenziale anti-ossidante dei formaggi (ABTS, FRAP e tioli totali) e i risultati sono in parziale accordo con le differenze registrate tra aziende e periodo di caseificazione per l’attività ace-inibitoria. In particolare, è risultata interessante la correlazione tra la capacità di scavenging delle sostanze ossidanti o pro-ossidanti (saggio ABTS) e la bioattività ACE-inibitoria. È quindi plausibile che la disponibilità di foraggi freschi e di pascolo in estate contribuisca a migliorare la qualità già elevata del prodotto di montagna sotto più punti di vista.

 

A cura di: Federica Bellagamba & Pier Paolo Danieli

 

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