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Agricoltura di montagna: Tradizione, Valorizzazione e Policy

Valorizzazione dei formaggi d’alpeggio d’alta qualità: il ruolo della comunicazione verbale e della comunicazione visiva

Per mezzo di aste sperimentali BDM online, le attività di ricerca hanno valutato l’esistenza di un premio di prezzo riservato dai consumatori ai formaggi montani d’alta qualità prodotti durante la stagione estiva. Si sono poi considerate le più opportune strategie comunicative per la valorizzazione di tali formaggi estivi, valutando anche i contenuti informativi capaci di generare il più elevato premio di prezzo. Sono stati utilizzati due messaggi informativi verbali che hanno riguardato i livelli di benessere animale collegati alla vita all’aperto e le caratteristiche organolettiche e sensoriali impresse dall’alimentazione ad erba fresca. Successivamente si è analizzato l’effetto della comunicazione iconica sintetizzando il messaggio informativo con l’utilizzo di un logo associato a due claim: “allevate all’aperto” e “erba fresca”. Il primo risultato è l’assenza di premio di prezzo pagato per i prodotti estivi rispetto a quelli invernali. Il secondo risultato sottolinea l’efficacia, in termini di premio di prezzo, dei messaggi informativi verbali, soprattutto se relativi alle migliori caratteristiche organolettiche e sensoriali dei formaggi estivi. Infine, i risultati prodotti non confermano l’efficacia delle forme di comunicazione iconica perché nessun premio di prezzo è associato alla presenza dei loghi e dei relativi claim. Dunque, anche se i consumatori non riconoscono attualmente differenze tra formaggi di montagna estivi ed invernali, esistono concrete potenzialità di differenziazione e valorizzazione dei formaggi di montagna d’alta qualità. E’ tuttavia cruciale la scelta della strategia di comunicazione più opportuna.

A cura di: Mario Amato

 

Il latte non è tutto uguale. Fattori di diversità e molecole responsabili

Il prezzo del latte è deciso dalla borsa merci ed è più o meno simile in tutto il mondo. Ne deriverebbe che il latte è tutto uguale e che, quindi, non c’è qualità. Invece le differenze esistono, ma da cosa dipendono e quali sono le molecole o i composti che le determinano? Il consumatore acquista il latte e i formaggi, come qualsiasi alimento, o per ragioni edonistiche e/o per il loro valore nutrizionale. L’aroma è stato molto studiato e si sa che le componenti volatili, aldeidi, chetoni, alcoli, esteri, terpeni ne sono i principali responsabili. Si sa anche che il loro contenuto è molto legato all’alimentazione degli animali e allo stadio vegetativo dell’erba, così come all’altitudine e alla latitudine, ma si hanno dubbi sull’opposto e cioè che dal formaggio si potrebbe risalire all’alimentazione perché si ritiene che altri fattori, forse più importanti, come il microbismo ruminale, possano condizionarne l’effetto. Sul gusto si sa molto poco ed è anche poco studiato. La bibliografia riporta che sono i composti non volatili, quindi quelli fissi ad essere responsabili ma di fatto non se ne conosce il rapporto diretto fra composti e gusto. Invece molti studi indiretti fanno ipotizzare che siano i fenoli, liberi e legati, ad essere i principali responsabili del gusto dei formaggi e degli alimenti in generale.

Il valore nutrizionale è strettamente legato al flavour perché le molecole responsabili del primo sono in pratica le stesse che influenzano il secondo: carotenoidi, terpeni, acidi grassi, steroli, polifenoli. E responsabile del loro contenuto è sempre l’alimentazione degli animali e il ruolo dell’erba.

A cura di: Roberto Rubino 

 

L'applicazione della PAC nelle aree montane: un'analisi su micro-dati aziendali

La Politica Agricola Comunitaria (PAC) eroga un sostegno alle aziende agricole sotto forma di pagamenti diretti annuali calibrati sulla superficie condotta. La scelta di questa modalità di sostegno, nonché l’introduzione delle soglie minime di superficie per usufruire del sostegno, comporta delle ripercussioni negative per le aziende di piccole dimensioni, particolarmente presenti nelle aree montane. A questo si aggiunge che l’Italia adotta da sempre un approccio di calcolo dei pagamenti, fondato su dati storici, che penalizza le aree montane, dove il valore dei pagamenti medi per ettaro si attesta su livelli decisamente inferiori rispetto ai contesti di agricoltura intensiva specializzata. Date queste premesse, l’obiettivo di presente lavoro è quello di delineare con precisione il quadro del sostegno erogato dalla PAC nelle zone montane, anche in rapporto agli altri contesti, utilizzando la Regione Lombardia come caso di studio. Questo è stato possibile attraverso l’analisi dei microdati aziendali del SIARL (Sistema Informativo Agricolo Regione Lombardia), che contengono informazioni sulle strutture e sui pagamenti PAC riferiti all’universo delle aziende agricole presenti nella Regione.

La presente analisi ha permesso di delineare un quadro preciso del rapporto fra aziende agricole montane e PAC. Come ci si poteva attendere l’attuale impostazione dei pagamenti diretti della PAC, che tende a premiare soprattutto la quantità di superficie coltivata, penalizza le aziende agricole localizzate in montagna, solo il 32,5% delle quali accede al sostegno comunitario, contro il 73,3% delle aziende di pianura. L’entità dei pagamenti medi per ettaro si assesta su un valore del 48% inferiore rispetto alla fascia altimetrica di pianura.

L’entità complessiva del sostegno risulta sostanzialmente proporzionale alle dimensioni fisiche dell’azienda, indipendentemente da altri parametri legati alla redditività, all’occupazione, ai servizi ecosistemici realizzati e più in generale alla produzione di beni pubblici. Inoltre aziende di dimensioni fisiche limitate risultano automaticamente escluse dai pagamenti diretti PAC. Questo sfavorisce soprattutto aziende afferenti a comparti quali la viticoltura, la frutticoltura e l’orticoltura, ma anche aziende a vocazione mista, che spesso si collocano in aree delicate come i versanti, dove svolgono importanti funzioni sotto il profilo sociale, di presidio del territorio, della configurazione del paesaggio e dell’assetto idro-geologico. Tale analisi risulta propedeutica alle successive fasi della ricerca in quanto fornisce un’importante base informativa per identificare proposte per rendere il sostegno delle politiche più rispondente alle necessità delle piccole aziende di montagna e legittimarlo in base al contributo apportato dalle stesse agli obiettivi della PAC.

A cura di: Danilo Bertoni

 

Smart farming e montagna: indagine sulle attitudini degli allevatori all’innovazione

L’adozione di tecnologie informatiche avanzate, come le Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione (TIC), può fornire molti vantaggi nella gestione delle aziende agricole. Tuttavia, la diffusione di queste tecnologie è ancora limitata, soprattutto nei sistemi agricoli di montagna. Comprendere i fattori che influenzano l'adozione di queste tecnologie è fondamentale per lo sviluppo di politiche volte ad incrementarne la diffusione.

L’obiettivo dello studio è stato quello di studiare come gli atteggiamenti e le caratteristiche degli agricoltori e delle aziende agricole influenzano l'uso delle TCI (smartphone, tablet e computer) per svolgere il proprio lavoro in un contesto agricolo montano. I dati dell'indagine sono stati raccolti mediante interviste dirette effettuate ad allevatori di montagna membri di una cooperativa lattiero-casearia. L’applicazione della metodica della Cluster analysis, ha evidenziato l'esistenza di diversi profili di allevatori con diversi atteggiamenti nei confronti dell'adozione di dispositivi tecnologici. Considerando in particolare la tecnofobia e la tecnofilia, gli ostacoli percepiti e le motivazioni per utilizzare le nuove tecnologie, sono state identificate tre diverse classi di agricoltori: i tecnofobi, i tecnofili insicuri e i tecnofili. Complessivamente i risultati suggeriscono che l'atteggiamento degli agricoltori di montagna nei confronti delle nuove tecnologie è eterogeneo ed è influenzato dall'età dell'agricoltore, dal livello di istruzione, dalle dimensioni dell'azienda agricola, dall'uso dello smartphone per le attività professionali e dalle aspettative inerenti il futuro dell’azienda.

A cura di: Maria Elena Marescotti

 

La registrazione dell'evento è disponibile a QUESTO LINK

 

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