Montagne
Cos'è l'agricoltura di montagna
PERCHè FINANZIARE l'agricoltura di montagna

progetti finanziati agricoltura di montagna

I risultati della ricerca del progetto IALS sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Nutrients
'The Effect of Verbal and Iconic Messages in the Promotion of High-Quality Mountain Cheese: A Non-Hypothetical BDM Approach' Il gruppo di lavoro multidisciplinare - composto da 18 ricercatori provenienti da tre Università statali italiane: Milano, Tuscia e Napoli - ha elaborato gli elementi raccolti durante il progetto ed evidenziato come l'adeguata remunerazione dei prodotti latteo-caserari di alta qualità sia fondamentale per la persistenza dell'allevamento di montagna.
La ricerca ha raccolto dati importanti riguardo le scelte dei consumatori e la loro disponibilità a un esborso economico maggiore per prodotti di una qualità riconoscibile e riconducibile al proprio ben-essere.
Alla presentazione di questi dati si affiancano proposte di strategie e azioni che riguardano più aspetti, tutti necessari per concretizzare il raggiungimento dell’obiettivo principale di potenziare la sostenibilità e la resilienza delle attività zootecniche in montagna. A cura di Ars.Uni.Vco

Allo studio le specie vegetali più appetibili per i bovini di razze rustiche, che potranno favorire il recupero di territori marginali invasi da alberi e arbusti trasformandoli in prati permanenti, fornendo una carne pregiata.

 

Nella 2021 i ricercatori di iGRAL hanno iniziato le attività per lo studio delle preferenze alimentari della razza bovina Highland, per verificare se la dieta degli animali di questa razza è uguale a quella di molti altri bovini oppure diversa.

Il progetto, lo ricordiamo, intende contribuire al processo di recupero e valorizzazione di territori marginali, ripristinando i prati permanenti attraverso sistemi di allevamento al pascolo di bovini da carne delle razze rustiche Highland e Sarda.

Ogni razza ha abitudini e preferenze distinte. In generale i bovini sono mediamente selettivi, e consumano principalmente specie erbacee. Alcune razze, come quelle studiate dal progetto, sono però conosciute per essere più rustiche e meno selettive, nutrendosi anche di foglie di alberi e arbusti o di specie tossiche. Questo tipo di dieta potrebbe essere un ottimo strumento per utilizzare e recuperare pascoli abbandonati invasi da arbusti, in linea con gli obiettivi del progetto iGRAL.

Per preferenze alimentari si intende la scelta da parte dell’animale di consumare selettivamente alcuni alimenti. I bovini al pascolo possono scegliere liberamente di che nutrirsi e le loro preferenze sono influenzate dalla disponibilità del foraggio, dalla presenza di piante particolarmente appetibili o al contrario poco attraenti (ad esempio quelle spinose o tossiche), dallo stato fisiologico dell’animale, dall’età e dalla razza. Una selezione costante del foraggio può influenzare nel tempo la composizione della vegetazione del pascolo, determinando la transizione verso una particolare tipologia vegetazionale (Pauler et al., 2020; Pauler et al. 2019).

Negli ultimi anni è aumentato l’allevamento sulle Alpi della razza bovina Highland, selezionata dall’uomo per adattarsi alle dure condizioni ambientali scozzesi, dove il clima è aspro e il foraggio è di bassa qualità. È una specie rustica, di gestione poco impegnativa e poco selettiva al pascolo (Pauler et al. 2020). Date le potenzialità di questa razza nel pascolare in ambienti marginali e degradati dell’arco alpino, c’è un grande interesse a capire quali sono le sue abitudini alimentari.

Ma quali specie vegetali preferisce? Quali rifiuta? Qual è il contributo delle specie arboree e arbustive nella sua dieta? A queste domande vuole rispondere il progetto iGRAL, che si svolge in tre siti piemontesi, uno ad Almese all’imbocco della Valle di Susa, e due a Casteldefino in Valle Varaita. Questi pascoli sono accumunati da una forte invasione di specie arbustive, come prugnolo, biancospino, rovi e rosa canina, e specie arboree, tra cui frassino, orniello, bagolaro, frangula e olmo.

I risultati preliminari mostrano un comportamento poco selettivo, con un consumo elevato di specie arboree e arbustive. Le latifoglie (frassini, pioppo, olmo, bagolaro) sono molto ricercate, tanto che i fusti vengono spesso piegati con l’utilizzo delle lunghe corna per poter raggiungere le foglie più alte. Interessante è poi la selezione frequente di specie spinose, come rosa e prugnolo, e tossiche, come il ligustro. I bovini Highlands includono nella loro dieta anche le ortiche.

La ricerca sul campo è in corso, ma i risultati preliminari sono promettenti e confermano l’adattabilità di questa razza ai contesti di abbandono e invasione arboreo-arbustiva, che necessitano di un’utilizzazione pastorale sostenibile per il loro recupero.

 

Rebecca Pagani, Ginevra Nota, Giampiero Lombardi, Università degli Studi di Torino

Pauler C. M., Isselstein J., Braunbeck T., Scheider M. K., 2019. Influence of Highland and production-oriented cattle breeds on pasture vegetation: A pairwise assessment across broad environmental gradients. Agriculture, Ecosystems and Environment, 284. DOI: 10.1016/j.agee.2019.106585

Pauler C. M., Isselstein J., Suter M., Berard J., Braunbeck T., Scheider M. K., 2020. Choosy grazers: Influence of plant traits on forage selection by three cattle breeds. Functional Ecology, 34. DOI: 10.1111/1365-2435.13542

L’incontro, nella formula della tavola rotonda, sintetizza i risultati delle ricerche presentati durante i precedenti quattro webinar del 10, 17 e 24 giugno e del 1° luglio e si apre con i saluti introduttivi di Anna Gaviglio (Università di Milano), Valentina Cairo (Ager-Agroalimentare e ricerca), Andrea Cottini (ARS.UNI.VCO) e Lara Pennati (Formazza Agricola). A seguire, gli interventi dei quattro moderatori dei webinar che hanno condiviso contenuti e proposte per la redazione di “Best practices” per valorizzare l’agricoltura di montagna: “Agricoltura di montagna: le proprietà funzionali dall’alimentazione animale al prodotto” - Gian Mauro Mottini (Presidente Federazione Agronomi Piemonte e Valle d’Aosta); “Agricoltura di montagna: zootecnia estensiva, servizi ecosistemici e sostenibilità ambientale” - Gianni Morandi (Direttore Latteria Sociale Antigoriana di Crodo); “Agricoltura di Montagna: dal mantenimento del paesaggio alla gestione del rischio idrogeologico” - Filippo Miotto (Comitato RSI3); “Agricoltura di montagna: Tradizione, Valorizzazione e Policy - Anna Vittoria Rossano (Direttore GAL Laghi e Monti VCO). Hanno partecipato alla discussione, portando il loro concreto contributo, Andrea De Zordi (Provincia VCO), Vittoria Riboni (Ente Aree Protette Ossola), Marco Cerutti (GAL Laghi e Monti VCO), Enzo Vesci (CIA Novara e VCO) e Aldo Isotta (COLDIRETTI Novara e VCO). L’iniziativa ha avuto l’obiettivo di far conoscere e diffondere i risultati conclusivi delle ricerche del progetto IALS - Integrated Alpine Livestock Systems: from ecosystem services to premium mountain products, sostenuto da Ager - Agroalimentare e ricerca.

 

Sessione 1 - “Agricoltura di montagna: le proprietà funzionali dall’alimentazione animale al prodotto” dr.  GIAN MAURO MOTTINI

Keywords: Alimentazione animale, qualità prodotti, proprietà funzionali

Nel primo webinar è stato discusso sulle proprietà funzionali dall’alimentazione delle bovine da latte al prodotto latte e formaggio di un sistema di allevamento basato su una dieta di erba fresca di alta montagna nel territorio della Val d’Ossola. Abbiamo ascoltato che questo tipo di alimentazione modifica positivamente la composizione in termine di acidi grassi polinsaturi, composti bioattivi e antiossidanti dei prodotti che ne derivano e quindi di conseguenza la qualità nutrizionale di questi prodotti è risultata molto elevata soprattutto nelle produzioni estive. Oltre agli effetti benefici sulla salute dell’uomo la presenza di queste molecole diventa importante anche per la caratterizzazione del sistema di allevamento di montagna.

Ci chiediamo quindi se i prodotti caseari di montagna possono venir valorizzati esaltandone i parametri di qualità attraverso questa “tracciatura: erba/latte/formaggio” che abbiamo cercato di evidenziare nel nostro progetto?

 

Sessione 2 - “Agricoltura di montagna: zootecnia estensiva, servizi ecosistemici e sostenibilità ambientale” dr. GIOVANNI MORANDI

Keywords: Servizi ecosistemici

Nel secondo webinar è stato discusso sulla capacità dei sistemi zootecnici di montagna di fornire servizi ecosistemici ovvero sui benefici che essi forniscono alla società in termini di approvvigionamento, di cultura e di regolazione attraverso specifiche pratiche agro-zootecniche. La loro individuazione e conoscenza è molto importante per poter garantire una gestione sostenibile delle attività produttive di montagna da un punto di vista economico, ambientale e sociale e agevolare la promozione della valorizzazione dei prodotti che ne derivano.

Ci chiediamo quindi se c’è consapevolezza anche da parte dell’allevatore di montagna degli effetti “collaterali” del suo agire? Il ruolo che egli ha di produttore indiretto di servizi ecosistemici viene remunerato? basta la remunerazione attraverso la vendita del proprio prodotto?

 

Sessione 3 - “Agricoltura di montagna: dal mantenimento del paesaggio e dell'allevamento estensivo alla gestione del rischio idrogeologico” dr. FILIPPO MIOTTO

Keywords: gestione sostenibile, percezione ambientale, valore economico beni ambientali

Nel terzo webinar si è cercato di identificare la sensibilità della popolazione al tema delle funzioni ecosistemiche dell’agricoltura di montagna attraverso la stima del loro valore economico e si è parlato di rischio idrogeologico valutando gli effetti dell’abbandono della pratica del pascolamento e della sostenibilità dei sistemi di allevamento lattiero-caseari di montagna. I turisti sembrano percepire come prioritari i servizi ambientali dell’agricoltura di montagna quali la regimazione delle acque, la protezione del dissesto idrogeologico e il mantenimento della biodiversità, ma non sembrano conoscere il marchio “Prodotto di montagna”.

Si può dire che c’è un sentimento collettivo positivo per l’ambiente della montagna, ma come possono beneficiarne direttamente le produzioni agro-alimentari di qualità locali?

 

Sessione 4 - “Agricoltura di montagna: Tradizione, Valorizzazione e Policy” dott.ssa ANNA VITTORIA ROSSANO

Keywords: consumatore, politiche, innovazione

Nel quarto webinar abbiamo toccato 3 aspetti importanti per l’agricoltura di montagna ovvero la valorizzazione dell’unicità dei prodotti di alta qualità attraverso la scelta di forme di comunicazione capaci di generare nel consumatore consapevolezza e il più elevato premio di prezzo durante il loro acquisto, la politica come poter favorire le importanti funzioni delle aziende di montagna sotto il profilo sociale, di presidio del territorio, della configurazione del paesaggio, dell’assetto idro-geologico e la necessità di innovazione per aumentare la competitività e superare le difficoltà del territorio. Tra i consumatori è stato delineato un basso livello di conoscenza verso i formaggi di montagna e una capacità molto scarsa di assegnare premi di prezzo ai formaggi di più elevata qualità.

Quindi quali forme di comunicazione ad alto contenuto informativo sono in grado di accrescere conoscenza, consapevolezza e disponibilità a pagare del consumatore?

Inoltre, abbiamo visto che le attuali modalità di applicazione della PAC penalizzano le aree montane e in montagna la propensione all’introduzione di innovazioni tecnologiche deve fare i conti con lo zoccolo duro dei tecnofobi.

In vista dell’imminente discussione sulla nuova PAC e nel contesto europeo del Green Deal, cosa e come fare per valorizzare l’agricoltura di montagna con i suoi innumerevoli pregi e difetti?

 
 

Valorizzazione dei formaggi d’alpeggio d’alta qualità: il ruolo della comunicazione verbale e della comunicazione visiva

Per mezzo di aste sperimentali BDM online, le attività di ricerca hanno valutato l’esistenza di un premio di prezzo riservato dai consumatori ai formaggi montani d’alta qualità prodotti durante la stagione estiva. Si sono poi considerate le più opportune strategie comunicative per la valorizzazione di tali formaggi estivi, valutando anche i contenuti informativi capaci di generare il più elevato premio di prezzo. Sono stati utilizzati due messaggi informativi verbali che hanno riguardato i livelli di benessere animale collegati alla vita all’aperto e le caratteristiche organolettiche e sensoriali impresse dall’alimentazione ad erba fresca. Successivamente si è analizzato l’effetto della comunicazione iconica sintetizzando il messaggio informativo con l’utilizzo di un logo associato a due claim: “allevate all’aperto” e “erba fresca”. Il primo risultato è l’assenza di premio di prezzo pagato per i prodotti estivi rispetto a quelli invernali. Il secondo risultato sottolinea l’efficacia, in termini di premio di prezzo, dei messaggi informativi verbali, soprattutto se relativi alle migliori caratteristiche organolettiche e sensoriali dei formaggi estivi. Infine, i risultati prodotti non confermano l’efficacia delle forme di comunicazione iconica perché nessun premio di prezzo è associato alla presenza dei loghi e dei relativi claim. Dunque, anche se i consumatori non riconoscono attualmente differenze tra formaggi di montagna estivi ed invernali, esistono concrete potenzialità di differenziazione e valorizzazione dei formaggi di montagna d’alta qualità. E’ tuttavia cruciale la scelta della strategia di comunicazione più opportuna.

A cura di: Mario Amato

 

Il latte non è tutto uguale. Fattori di diversità e molecole responsabili

Il prezzo del latte è deciso dalla borsa merci ed è più o meno simile in tutto il mondo. Ne deriverebbe che il latte è tutto uguale e che, quindi, non c’è qualità. Invece le differenze esistono, ma da cosa dipendono e quali sono le molecole o i composti che le determinano? Il consumatore acquista il latte e i formaggi, come qualsiasi alimento, o per ragioni edonistiche e/o per il loro valore nutrizionale. L’aroma è stato molto studiato e si sa che le componenti volatili, aldeidi, chetoni, alcoli, esteri, terpeni ne sono i principali responsabili. Si sa anche che il loro contenuto è molto legato all’alimentazione degli animali e allo stadio vegetativo dell’erba, così come all’altitudine e alla latitudine, ma si hanno dubbi sull’opposto e cioè che dal formaggio si potrebbe risalire all’alimentazione perché si ritiene che altri fattori, forse più importanti, come il microbismo ruminale, possano condizionarne l’effetto. Sul gusto si sa molto poco ed è anche poco studiato. La bibliografia riporta che sono i composti non volatili, quindi quelli fissi ad essere responsabili ma di fatto non se ne conosce il rapporto diretto fra composti e gusto. Invece molti studi indiretti fanno ipotizzare che siano i fenoli, liberi e legati, ad essere i principali responsabili del gusto dei formaggi e degli alimenti in generale.

Il valore nutrizionale è strettamente legato al flavour perché le molecole responsabili del primo sono in pratica le stesse che influenzano il secondo: carotenoidi, terpeni, acidi grassi, steroli, polifenoli. E responsabile del loro contenuto è sempre l’alimentazione degli animali e il ruolo dell’erba.

A cura di: Roberto Rubino 

 

L'applicazione della PAC nelle aree montane: un'analisi su micro-dati aziendali

La Politica Agricola Comunitaria (PAC) eroga un sostegno alle aziende agricole sotto forma di pagamenti diretti annuali calibrati sulla superficie condotta. La scelta di questa modalità di sostegno, nonché l’introduzione delle soglie minime di superficie per usufruire del sostegno, comporta delle ripercussioni negative per le aziende di piccole dimensioni, particolarmente presenti nelle aree montane. A questo si aggiunge che l’Italia adotta da sempre un approccio di calcolo dei pagamenti, fondato su dati storici, che penalizza le aree montane, dove il valore dei pagamenti medi per ettaro si attesta su livelli decisamente inferiori rispetto ai contesti di agricoltura intensiva specializzata. Date queste premesse, l’obiettivo di presente lavoro è quello di delineare con precisione il quadro del sostegno erogato dalla PAC nelle zone montane, anche in rapporto agli altri contesti, utilizzando la Regione Lombardia come caso di studio. Questo è stato possibile attraverso l’analisi dei microdati aziendali del SIARL (Sistema Informativo Agricolo Regione Lombardia), che contengono informazioni sulle strutture e sui pagamenti PAC riferiti all’universo delle aziende agricole presenti nella Regione.

La presente analisi ha permesso di delineare un quadro preciso del rapporto fra aziende agricole montane e PAC. Come ci si poteva attendere l’attuale impostazione dei pagamenti diretti della PAC, che tende a premiare soprattutto la quantità di superficie coltivata, penalizza le aziende agricole localizzate in montagna, solo il 32,5% delle quali accede al sostegno comunitario, contro il 73,3% delle aziende di pianura. L’entità dei pagamenti medi per ettaro si assesta su un valore del 48% inferiore rispetto alla fascia altimetrica di pianura.

L’entità complessiva del sostegno risulta sostanzialmente proporzionale alle dimensioni fisiche dell’azienda, indipendentemente da altri parametri legati alla redditività, all’occupazione, ai servizi ecosistemici realizzati e più in generale alla produzione di beni pubblici. Inoltre aziende di dimensioni fisiche limitate risultano automaticamente escluse dai pagamenti diretti PAC. Questo sfavorisce soprattutto aziende afferenti a comparti quali la viticoltura, la frutticoltura e l’orticoltura, ma anche aziende a vocazione mista, che spesso si collocano in aree delicate come i versanti, dove svolgono importanti funzioni sotto il profilo sociale, di presidio del territorio, della configurazione del paesaggio e dell’assetto idro-geologico. Tale analisi risulta propedeutica alle successive fasi della ricerca in quanto fornisce un’importante base informativa per identificare proposte per rendere il sostegno delle politiche più rispondente alle necessità delle piccole aziende di montagna e legittimarlo in base al contributo apportato dalle stesse agli obiettivi della PAC.

A cura di: Danilo Bertoni

 

Smart farming e montagna: indagine sulle attitudini degli allevatori all’innovazione

L’adozione di tecnologie informatiche avanzate, come le Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione (TIC), può fornire molti vantaggi nella gestione delle aziende agricole. Tuttavia, la diffusione di queste tecnologie è ancora limitata, soprattutto nei sistemi agricoli di montagna. Comprendere i fattori che influenzano l'adozione di queste tecnologie è fondamentale per lo sviluppo di politiche volte ad incrementarne la diffusione.

L’obiettivo dello studio è stato quello di studiare come gli atteggiamenti e le caratteristiche degli agricoltori e delle aziende agricole influenzano l'uso delle TCI (smartphone, tablet e computer) per svolgere il proprio lavoro in un contesto agricolo montano. I dati dell'indagine sono stati raccolti mediante interviste dirette effettuate ad allevatori di montagna membri di una cooperativa lattiero-casearia. L’applicazione della metodica della Cluster analysis, ha evidenziato l'esistenza di diversi profili di allevatori con diversi atteggiamenti nei confronti dell'adozione di dispositivi tecnologici. Considerando in particolare la tecnofobia e la tecnofilia, gli ostacoli percepiti e le motivazioni per utilizzare le nuove tecnologie, sono state identificate tre diverse classi di agricoltori: i tecnofobi, i tecnofili insicuri e i tecnofili. Complessivamente i risultati suggeriscono che l'atteggiamento degli agricoltori di montagna nei confronti delle nuove tecnologie è eterogeneo ed è influenzato dall'età dell'agricoltore, dal livello di istruzione, dalle dimensioni dell'azienda agricola, dall'uso dello smartphone per le attività professionali e dalle aspettative inerenti il futuro dell’azienda.

A cura di: Maria Elena Marescotti

 

La registrazione dell'evento è disponibile a QUESTO LINK

 

La valutazione dei servizi ambientali forniti dall'agricoltura di montagna attraverso l'approccio degli esperimenti di scelta

Le aziende agricole di montagna possono avere un’influenza sulla resilienza del paesaggio tipico, sulla sicurezza ambientale, sul mantenimento della popolazione nelle aree montane. L'obiettivo del WP Environmental Economics è stato stimare il valore economico della presenza di alcuni servizi ecosistemici forniti dall’agricoltura di montagna, attraverso l’utilizzo della metodologia degli Esperimenti di Scelta. Parallelamente a questo studio è stato realizzato un focus sull’interesse dei consumatori per un tipico formaggio alpino prodotto con il marchio del “Prodotto di Montagna”.

A cura di: Chiara Mazzocchi

 

Dai pascoli ai vigneti: pratiche diffuse per la gestione del rischio idrogeologico

Gli studi presentati sono stati condotti nell’ambito di due differenti progetti di tutela e valorizzazione delle risorse montane.

Il primo studio è stato condotto in collaborazione con i ricercatori del Centro di Studi Applicati per la Gestione Sostenibile e la Difesa della Montagna (Ge.S.Di.Mont.) dell’Università degli Studi di Milano lungo la Valle delle Messi, nel comune di Ponte di Legno (BS). L’obiettivo del lavoro è stato valutare gli effetti dell’abbandono della pratica del pascolamento su alcuni indicatori naturalistici, zootecnici e geomorfologici. Sono state prese in esame 7 diverse aree caratterizzate da differente intensità di pascolamento (completo abbandono, scarsa, moderata e alta intensità di pascolamento). Nei siti di studio, è stato messo a punto un approccio multidisciplinare composto da una serie di indagini come il rilievo floristico, le analisi bromatologiche, le analisi della conducibilità idraulica e delle caratteristiche biomeccaniche degli apparati radicali, ed una valutazione del valore nutritivo.

Il secondo studio è stato realizzato insieme ai colleghi del Dipartimento di Scienze della Terra e dell’Ambiente, dell’Università degli Studi di Pavia su un’ampia area dell’Oltrepò Pavese, territorio particolarmente suscettibile al rischio franamento. Il gruppo di ricerca si è concentrato sull’influenza di alcune pratiche di lavorazione lungo gli interfilari sulle proprietà del suolo e, in particolar modo, sullo sviluppo dell’apparato radicale. Sono stati presi in esame 29 siti caratterizzati da suoli simili in termini di tessitura, substrato roccioso e profondità, ma lavorati con una diversa gestione dell’interfilare (aratura frequente, aratura meno frequente, aratura alternata ad inerbimento, inerbimento). Anche in questo caso, si è adottato un approccio multidisciplinare, andando ad analizzare le proprietà geologiche/geotecniche del suolo e a valutare l’incremento di resistenza del suolo dovuto alla presenza delle radici.

A cura di: Alessio Cislaghi 

 

La sostenibilità ambientale delle aziende da latte in montagna

Negli ultimi decenni l'evoluzione della produzione lattiero-casearia nelle zone montane ha portato al progressivo abbandono delle attività zootecniche, o, al contrario, ad un aumento della densità animale, nel tentativo di mantenere redditività. L'intensificazione ha comportato un aumento dei mangimi acquistati (foraggi e concentrati), non sempre provenienti da zone montane limitrofe (Penati et al., 2011). L'acquisto di mangimi per il bestiame può essere considerato economicamente vantaggioso, rispetto al costo di produzione in montagna e alla gestione dei pascoli estivi (Sturaro et al., 2013), ma certamente comporta un aumento del surplus di nutrienti (N e P) a livello di azienda agricola (Gamborg e Sandøe, 2005). Lo scopo dello studio è stato quello di indagare il Bilancio Azotato a livello di aziende zootecniche da latte, in 2 aree montane lombarde, in relazione all'autosufficienza alimentare e all'efficienza di trasformazione degli alimenti per il bestiame in latte.

L'indagine è stata condotta in 2 gruppi di allevamenti bovini da latte per un totale di 82 allevamenti della provincia di Sondrio (Italia), di cui 38 della Valcamonica e 44 della Valtellina-Valchiavenna. I dati sono stati raccolti attraverso questionari con interviste dirette agli agricoltori. I dati sulla produzione e sulla qualità media del latte sono stati acquisiti dai caseifici, o direttamente dai dati aziendali. Sono stati ricavati dati sulla composizione delle razioni animali, sugli acquisti (mangimi, animali vivi, fertilizzanti), produzioni di foraggi aziendali e sulle caratteristiche dei pascoli. Il bilancio azotato (NB kg/ha) a livello di azienda è stato stimato come differenza tra N input (mangimi, fertilizzanti, lettiere, animali acquistati, deposizione e fissazione sui campi) e N output (latte consegnato, mangimi/colture, liquame/letame venduto, animali consegnati o morti). La produzione di latte è stata standardizzata (Latte corretto per grassi e proteine, FPCM).

A cura di: Alberto Tamburini

 

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Servizi Ecosistemici e multifunzionalità dei sistemi zootecnici di montagna

I Servizi Ecosistemici comprendono i benefici che gli ecosistemi forniscono alla società, in termini di approvvigionamento di beni privatizzabili e con mercato, ma anche in termini di benefici pubblici e senza mercato: habitat e biodiversità naturali e seminaturali, regolazione (del clima, dei dissesti, degli inquinanti, ...), e culturali (esperienza spirituale, estetica, culturale, ricreativa, ...).

Erba di montagna, una dieta ideale per il valore nutrizionale del latte

Unicità, vantaggi e svantaggi dell’alimentazione delle bovine da latte in montagna

L’attenzione dei consumatori verso consumi e abitudini più sostenibili a minor impatto ambientale ha avuto impatti tangibili anche sui mercati agro-alimentari, che hanno accettato questa sfida offrendo una varietà di sistemi di certificazione a beneficio dei consumatori. I sistemi di certificazione dei prodotti favoriscono la diffusione sul mercato dei prodotti alimentari tipici, supportando lo sviluppo territoriale e le produzioni socialmente ed ambientalmente sostenibili, specialmente nelle aree svantaggiate come quelle montane, in cui l’agricoltura è una risorsa fondamentale per l’economia locale.
La sostenibilità delle produzioni alimentari coinvolge anche strategie di sviluppo territoriale: i sistemi di certificazione del food possono contribuire all'economia locale dei territori, come avviene con il marchio del “Prodotto di Montagna”, introdotto dai Regolamenti UE 665/2014 e UE 1151/2012 per favorire lo sviluppo sostenibile dei sistemi economici di montagna.
Sebbene le certificazioni alimentari incentrate sulla sostenibilità sostengano i consumatori nelle loro scelte di acquisto, queste sono guidate anche da motivazioni etiche, ambientali e culturali. Nelle indagini qualitative, i partecipanti sono spesso incoraggiati a indicare le loro opinioni sulle questioni etiche e ambientali, utilizzando scale attitudinali.
Al fine di indagare l'impatto dell'etichetta marchio del “Prodotto di Montagna” sulla scelta di acquisto dei consumatori e di considerare congiuntamente le loro motivazioni etiche, ambientali e culturali, lo studio propone un approccio metodologico innovativo basato su Esperimenti di Scelta Ipotetici e sull’analisi delle Scale Attitudinali. Più in dettaglio, il nostro lavoro mira a valutare l'influenza degli atteggiamenti dei consumatori nell'acquisto di un formaggio alpino marchiato con differenti sistemi di certificazione di sostenibilità, attraverso un approccio in due fasi.
Nella prima fase, abbiamo stimato le preferenze dei consumatori per i marchi "Prodotto di Montagna", "Biologico" e il tema del "Benessere animale" del formaggio alpino utilizzando gli Esperimenti di Scelta. Nella seconda fase, abbiamo utilizzato tre scale attitudinali per valutare la loro influenza nel comportamento dei consumatori nella scelta del formaggio alpino, mediante un approccio PLS-SEM (Partial Least Squares Structural Equation Modeling).
I risultati principali sono legati all'influenza che i valori etici del consumatore hanno esercitato sul processo decisionale di acquisto dei consumatori. In particolare, essere “Green consumers”, credere e agire come consumatori attenti alle problematiche ambientali, esprimere valori come la preoccupazione per i danni ambientali dovuti alle pratiche di produzione e la consapevolezza dell'impatto delle scelte di acquisto sull'ambiente, è una caratteristica strettamente in relazione con la scelta del marchio "Prodotto di Montagna". Pertanto, l'etichetta del prodotto di montagna potrebbe essere una risorsa a supporto dell'economia di montagna rivolta soprattutto alle persone sensibili alle preoccupazioni ambientali. Ciò conferma l'idea che le pratiche agricole di montagna siano percepite come più ecologiche ed etiche di altre tipologie di agricoltura. In quest’ottica, diventa importante anche la comunicazione marchio “Prodotto di Montagna” proprio a questo target di consumatori, che dai risultati dell’analisi sembrerebbero molto interessati a questa certificazione.
Inoltre, un altro interessante risultato emerso dall’analisi è la relazione tra i valori dei “Green consumers”, e quelli del “Benessere animale” inteso come attenzione delle filiere produttive alle pratiche sostenibili di cura e benessere degli animali, quali ad esempio la pratica del pascolo in alpeggio, includendo così la sensibilità al benessere degli animali tra i valori dei “Green consumers”.

A cura di Chiara Mazzocchi,

Università di Milano

È quanto emerso dallo studio condotto, nell’ambito del progetto IALS, presso la Formazza Agricola S.C.R.L. di Formazza (VB).
La Val Formazza, nell’ambito della quale opera l’azienda, è una delle valli del comprensorio della Val d'Ossola, in Provincia del Verbano-Cusio-Ossola, al confine con la Svizzera, ed è l'estrema propaggine settentrionale del Piemonte. È percorsa dal fiume Toce, che si origina in testa alla valle, e, alimentato dai torrenti che attraverso le gole laterali forma, più in basso, cascate e laghi artificiali.
Il nostro studio si è soffermato sulla stima della capacità di riduzione del rischio d’erosione dei versanti dovuta alla presenza di praterie permanenti nel fondovalle, sia a livello comprensoriale che dell’azienda agricola Formazza. A tal fine si sono confrontate due ipotesi: la prima, quella reale, di presenza di praterie permanenti utilizzate sia per la foraggicoltura, sia per il pascolo bovino; la seconda, simulata, di presenza di seminativi sottoposti a lavorazioni meccaniche (aratura, erpicatura, ecc.) in sostituzione ai prati permanenti.
I confini degli appezzamenti aziendali gestiti dalla Formazza Agricola S.C.R.L. (Fig. 1), forniti dalla stessa in formato cartaceo, sono stati georeferiti e digitalizzati in ambiente GIS (Geographic Information System). Posizionando opportunamente un punto al centro di un pixel sull’asta principale (nel caso in esame il Fiume Toce) subito a valle della particella-appezzamento pascolivo tra quelli di proprietà a quota più bassa, si è ottenuto il bacino afferente
Il calcolo della quantità di suolo erodibile, per ciascuna ipotesi, espresso come tonnellate per ettaro per anno, è stato stimato applicando, in ambiente GIS, il modello matematico chiamato RUSLE, acronimo di "Revised Universal Soil Loss Equation", quantificato con il fattore K per il cui calcolo si tiene conto dei fattori quali il tasso di perdita di suolo medio stimato (V), l’erosività della pioggia (R), l’erodibilità del suolo (K), ossia la suscettibilità del suolo ad essere eroso il fattore topografico (Ls), determinato dalla pendenza, lunghezza e forma dei versanti che influenzano la velocità di ruscellamento e quindi il rischio di erosione del suolo e la copertura del suolo (C) in quanto la vegetazione naturale mantiene il suolo coperto tutto l’anno tramite le foglie e la lettiera mentre, al contrario, l’uso agricolo che lo lascia nudo e quindi esposto agli agenti erosivi per lunghi periodi.
La simulazione delle due coperture del suolo (prateria permanente e seminativo arabile) è stata ottenuta variando il fattore “C”, attribuendogli rispettivamente un valore di 0,04 e 0,4. Nel confronto, gli altri fattori sono stati lasciati invariati.
Dai risultati è emerso che nel caso in cui i terreni dell’azienda Formazza fossero utilizzati come seminativo arabile (fattispecie simulata), si avrebbe un rischio di erosione media annua di 384 t/ha, mentre nel caso di praterie inerbite (come nella fattispecie reale), il valore medio si ferma a 188 t/ha all’anno.
È evidente che l’attuale tipologia di utilizzo delle parcelle in proprietà (inerbimento permanente) garantisce una forte limitazione del suolo eroso (-104,2%) rispetto ad un possibile scenario di coltivazione a seminativo.
Si conferma, pertanto, che i modelli zootecnici che adottano pratiche di pascolamento estensivo come quello della Formazza Agricola S.C.R.L., oltre a fornire alimenti di origine animale di elevata qualità organolettica e nutrizionale, contribuiscono in maniera importante anche al mantenimento di molteplici servizi ecosistemici, tra i quali quello legato all’assetto idrogeologico e paesaggistico. A cura di Pier Paolo Danieli, Riccardo Primi, Bruno Ronchi
Università degli Studi della Tuscia